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Le ricerche di Gerona 2005

(24-04-13) Attività mentale e fisica contro il decadimento cognitivo



In pazienti anziani inattivi che lamentano un certo declino intellettuale, una
combinazione di esercizio fisico e attività mentale, svolti in maniera costante
per circa 3 mesi, migliora la funzione cognitiva. Questa la conclusione di un
trial controllato randomizzato, definito Max (Mental activity and exercise),

In pazienti anziani inattivi che lamentano un certo declino intellettuale, una
combinazione di esercizio fisico e attività mentale, svolti in maniera costante
per circa 3 mesi, migliora la funzione cognitiva. Questa la conclusione di un
trial controllato randomizzato, definito Max (Mental activity and exercise),
svolto da ricercatori dell’Università della California a San Francisco, e
pubblicato sull’ultimo numero di Jama Internal medicine.

Vita più lunga, memoria più breve
A causa dell’aumento dell’aspettativa di vita, si calcola che nei prossimi 40
anni ci sarà un drammatico incremento dei casi di demenza e declino cognitivo
in tutto il mondo. Per fronteggiare questa epidemia, per ora sono a
disposizione solo farmaci sintomatici che non alterano la progressione della
malattia. Perciò si studiano strategie, sia farmacologiche sia comportamentali,
che prevengano o ritardino l’insorgenza del declino cognitivo. «L’effetto
protettivo di esercizio fisico e attività intellettuale rispetto alla demenza
senile è stato suggerito da diversi studi, per lo più osservazionali, o
revisioni sistematiche, ma i benefici di una loro combinazione non sono mai
stati provati da studi caso-controllo di tipo randomizzato» spiega Deborah
Barnes, primo autore del lavoro. Insieme ai colleghi, la ricercatrice ha
arruolato 126 individui inattivi, di età media di circa 73 anni, che
lamentavano segni di declino cognitivo, e li ha assegnati a 4 diversi gruppi:
il primo svolgeva sia attività mentale, sotto forma di intenso lavoro al
computer, sia esercizio fisico aerobico; il secondo gruppo svolgeva attività
mentale, ma non esercizio fisico intenso; il terzo, viceversa, svolgeva
esercizio fisico intenso, ma non l’attività intellettuale; e l’ultimo gruppo
non svolgeva nessuna delle due attività. Bisogna precisare che tutte le
attività venivano effettuate un’ora al giorno 3 volte la settimana, per un
totale di 12 settimane. Inoltre, anche i gruppi di controllo praticavano
attività mentale e fisica in modo blando sotto forma di DVD educativi, o
esercizi di stretching, rispettivamente.

Un anno non basta per avere risultati
«Andando a valutare il cambiamento cognitivo globale attraverso una serie di
test neuropsicologici, abbiamo determinato che sia l’esercizio fisico sia l’
attività mentale producono un aumento della funzione cognitiva, ma non abbiamo
rilevato differenze significative tra gruppi di intervento e gruppi di
controllo» afferma Barnes, che sottolinea come questi risultati indichino che
più che il tipo di attività svolta, sono importanti la quantità e la frequenza
dell’attività. Oppure, un’altra interpretazione plausibile è che l’aumento dei
punteggi cognitivi nel corso delle 12 settimane suggerisca un effetto specifico
dell’allenamento. In un commento pubblicato sulla stessa rivista, Nicola
Lautenschlager, psichiatra dell’Univeristà di Melbourne, e Kay Cox, dell’
Univeristà della Western Australia a Perth, scrivono: «Anche se i risultati del
trial Max sono negativi, contengono un messaggio positivo. Gli autori hanno
dimostrato che stimolare l’attività, fisica o mentale, può migliorare le
capacità cognitive in sole 12 settimane, anche nei soggetti più anziani che
danno segno di difficoltà cognitive. Probabilmente l’assenza di una differenza
significativa è dovuta alla brevità del trial o alla mancanza di un vero
contrasto tra gruppi di controllo e di intervento: una durata di 24 settimane e
una differenza più marcata nell’intensità dell’esercizio avrebbero potuto far
emergere una differenza».

Fonti:
JAMA Intern Med. 2013;():1-8
doctornews33

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