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Le ricerche di Gerona 2005

(29-05-13) Le «onde» che cullano il sonno svegliano i nostri ricordi



Uno stimolatore potrebbe migliorare entrambe queste funzioni, fortemente legate fra loro, soprattutto negli anziani
MILANO - Le stesse onde lente cerebrali che ci consentono un buon sonno consolidano anche i nostri ricordi: sulla base di questa scoperta i ricercatori dell’Università di Berlino diretti da Daria Antonenko hanno appena pubblicato sull’European Journal of Neurosciences uno studio basato sull’impiego di uno stimolatore transcranico a onde lente che potrebbe risolvere i problemi di entrambe queste fondamentali funzioni, sonno e memoria, che si stanno sempre più dimostrando legate fra loro. E per ottenere lo stesso risultato c’è anche chi sembra aver trovato una strada ancor più semplice: altri ricercatori, sempre tedeschi delle università di Tubingen e di Lübeck, hanno pubblicato pochi giorni dopo su Neuron uno studio simile in cui, usando stimoli semplicemente sonori, ma sincronizzati tramite un normale elettroencefalogramma con le onde elettriche cerebrali di chi sta dormendo, ne migliorano il sonno e le capacità mnemoniche.
ANZIANI - In ogni caso entrambe queste stimolazioni gioverebbero soprattutto agli anziani: le ricerche che indicano come la mancanza di sonno riduca la memoria sottolineano infatti che sono soprattutto loro a farne le spese. Su Nature i ricercatori della California University di Berkeley hanno recentemente dimostrano che dopo una notte insonne a una certa età si verifica un decadimento mnemonico superiore del 55% rispetto a chi è più giovane.
DEMENZA - Se poi l’insonnia è cronica le cose possono andare anche peggio: i ricercatori della California University di San Diego hanno presentato all’ultimo convegno dell’Alzheimer’s Association uno studio secondo cui passare troppe notti in bianco finisce non solo col provocare danni alla memoria, ma addirittura favorisce lo sviluppo di demenza e di compromissione cognitiva.
PLACCHE AMILOIDI - Nell’ultimo convegno dell’American Academy of Neurology i ricercatori della Washington University di Saint Luis hanno poi indicato che anche il sonno interrotto espone a questi rischi: chi dorme per meno dell’85% della notte continuando a risvegliarsi almeno 5 volte all’ora ha un maggior rischio di sviluppare placche amiloidi, le stimmate della malattia di Alzheimer. In questi insonni, che in quello studio avevano fra 45 e 80 anni, queste placche sono state riscontrate anni prima dell’insorgenza del disturbo dementigeno, anche se poi non tutti l’hanno sviluppato.
IL SONNO FA MEMORIA - L’altra faccia della medaglia è rappresentata dalle ricerche che indicano come il buon sonno rafforzi invece la memoria, soprattutto nei giovani: uno studio appena pubblicato su Nature Neuroscience dalle università di Tubingen e di Zurigo indica che i ragazzi che si fanno una dormitina dopo aver appreso una qualsiasi nozione, al risveglio la ricordano meglio di quelli rimasti svegli perché il sonno induce un effetto di consolidamento dei ricordi nell’area cerebrale chiamata ippocampo, un consolidamento che è maggiore rispetto agli adulti. Su PLOSone i ricercatori americani della Notre Dame University dell’Indiana hanno pubblicato un altro studio su 208 ragazzi che dimostra come quelli che potevano dormire dopo una lezione ne trattenevano meglio i contenuti riportando poi meno errori nelle successive interrogazioni.
SONNO PROFONDO - Se poi il sonno viene agevolato le cose vanno ancora meglio: lo studio dell’università di Berlino da cui siamo partiti ha usato uno strumento chiamato tSOS, acronimo di transcranial slow oscillation stimulation, cioè stimolazione transcranica a onde lente che emette onde magnetiche di 0,75 Hertz che raggiungono il cervello appoggiando per pochi minuti lo tSOS all’esterno del cranio. In questo modo alcuni ragazzi che stavano facendo una pennichella pomeridiana sono sprofondati in un sonno di piombo e al risveglio ricordavano perfettamente figure e parole che avevano visto o sentito solo di sfuggita prima di addormentarsi. Tutte cose che non riuscivano a fare altri ragazzi nei quali era sta usata una diversa frequenza di stimolazione come controllo placebo.
CUFFIETTE MP3 - L’importanza delle onde ad attività lenta che caratterizza i circuiti dell’ippocampo emerge anche dallo studio pubblicato su Neuron delle università di Tubingen e Lübeck dove sono stati usati semplici stimoli sonori con ampiezza inferiore a 1 Hert somministrati a 11 adulti in notti diverse tramite normali cuffiette MP3. Questi suoni, peraltro molto flebili, non svegliano i soggetti addormentati e anzi ne migliorano il sonno oltre che la memoria: anche in questo caso infatti al risveglio hanno ricordato meglio sequenze di parole apprese il giorno prima. Il segreto di questa stimolazione è un apposito software computerizzato che riesce a sincronizzare perfettamente i suoni con l’attività elettrica dei circuiti dell’ippocampo, che viene rilevata tramite un normale elettroencefalogramma. Le onde sonore entrano in fase con le onde elettriche dell’ippocampo, rafforzando l’attività di quest’area cerebrale dimostratasi fondamentale sia per il sonno che per il consolidamento della memoria. Il metodo dei ricercatori di Tubingen appare molto semplice e molto meno invasivo della stimolazione transcranica dei ricercatori di Berlino. Collegando alla cuffia MP3 un microelettroencefalogramma portatile adeguatamente settato, peraltro già in fase di sperimentazione in altre malattie come l’epilessia, potrebbe nascere una nuova moda, quella delle cuffiette da sonno, di cui probabilmente diventerebbero grossi fan i ragazzi, soprattutto la notte prima degli esami.

Fonte: Cesare Peccarisi
Www.corriere.it

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