(31-05-13) Caschi e paradenti non proteggono gli sportivi
Possono aiutare a prevenire alcuni tipi di lesioni alla faccia e alla testa,
ma non ci sono evidenze che caschi e paradenti tengano lontani i traumi
cranici, anzi potrebbero addirittura favorirli invogliando i giocatori a
prendere rischi maggiori.
Possono aiutare a prevenire alcuni tipi di lesioni alla faccia e alla testa,
ma non ci sono evidenze che caschi e paradenti tengano lontani i traumi
cranici, anzi potrebbero addirittura favorirli invogliando i giocatori a
prendere rischi maggiori. Lo dice un documento pubblicato nella sezione Injury
prevention and health protection del British journal of sports medicine,
riscritto e approvato nell’ambito della quarta Conferenza internazionale sulla
commozione cerebrale nello sport, tenutasi a Zurigo, in Svizzera, lo scorso
novembre. Durante la 2 giorni di Zurigo, 32 ricercatori da tutto il mondo hanno
fatto il punto sulla concussione, una condizione che, se non trattata in modo
appropriato, può dare luogo a danni neurologici a lungo termine, soprattutto in
sport come calcio, rugby, hockey su ghiaccio, equitazione, sci e boxe. Il
Consensus statement on concussion in sport, questo il nome del documento, è la
quarta revisione aggiornata di raccomandazioni scritte nel 2001 a Vienna, e
fornisce le indicazioni su come riconoscere tempestivamente e trattare i casi
di commozione cerebrale sulla base delle più recenti evidenze scientifiche. In
particolare, queste linee guida sono rivolte ai medici dello sport e
rappresentano un tentativo di fornire loro indicazioni pratiche su come
valutare e trattare i traumi cerebrali, con particolare riferimento al tempo
necessario prima che il giocatore ritorni in campo. Il secondo obiettivo del
documento, che ha avuto anche il supporto di diverse organizzazioni sportive,
come la Fifa o la commissione olimpica internazionale, è stato quello di creare
consapevolezza verso questo tema delicato nel pubblico generale. In questo
senso sono stati inclusi una sezione di domande-risposte, suggerimenti di
ordine medico-legale e sulla prevenzione del trauma, oltre a uno strumento
tascabile utile a riconoscere i sintomi del trauma cranico. «La definizione di
commozione cerebrale non prevede necessariamente una perdita di coscienza»
precisano Mark Aubry, della Federazione Internazionale di Hockey su ghiaccio,e
colleghi firmatari. «I sintomi possono andare dal generico mal di testa alla
perdita di memoria, dall’irritabilità al disturbo del sonno o al rallentamento
dei tempi di reazione». Inoltre, c’è anche un focus sui bambini, che «non
dovrebbero tornare a giocare il giorno stesso del trauma perché, in genere,
richiedono tempi di ripresa più lunghi rispetto agli adulti».
Fonti:
Br J Sports Med 2013;47:250-258
doctornews33
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