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Le ricerche di Gerona 2005

(25-06-13) Più rischi se l’intervento chirurgico è nel weekend





Un nuovo studio del Bmj fornisce ulteriori conferme di quello che molti medici è da tempo più che un sospetto: la chirurgia elettiva effettuata negli ultimi giorni della settimana, e nel week-end, comporta per i pazienti più rischi di quella praticata all'inizio della settimana, con una progressione che tra il lunedì e la domenica appare costante e inesorabile. Partendo dalle osservazioni sul cosiddetto «effetto week-end» già descritto in letteratura, il gruppo di ricercatori diretti da Paul Aylin, dell'Imperial College di Londra, hanno preso in esame i dati relativi a oltre quattro milioni di procedure chirurgiche effettuate tra il 2008 e il 2011, che per il 4,5% sono state svolte nel fine settimana, valutando la mortalità a 2 e a 30 giorni dall'intervento. Accanto all'analisi complessiva di tutte le operazioni elettive, i ricercatori hanno anche concentrato l'attenzione su gruppi di interventi a basso e ad alto rischio, per rilevare eventuali scostamenti dalla media. In generale, i pazienti operati tra sabato e domenica tendono ad avere un numero inferiore di comorbidità e di precedenti ricoveri, un'attesa più lunga e un tipo di intervento a basso rischio. Il rischio generale a 30 giorni risulta avere per quasi tutte le procedure un andamento ciclico molto regolare, aumentando ogni giorno in modo significativo fino alla domenica. «Se l'assistenza nei week-end dimostra di avere risultati peggiori rispetto ai giorni feriali, si potrebbe sostenere che la chirurgia elettiva non dovrebbe essere mai fissata durante il fine settimana» commenta Janis Kwan, del Mount Sinai Hospital di Toronto, nell'editoriale di commento, spiegando che si tratta di una decisione complessa, che richiede di trovare un equilibrio tra esito e tempestività delle cure: «Sappiamo che relativamente poche procedure urgenti vengono praticate su pazienti ricoverati nel week-end. Vogliamo davvero sacrificare la sicurezza delle cure prestate per abbreviare i tempi di attesa? Si tratta di una questione importante cui non è ancora possibile rispondere».

Fonti:
BMJ 2013;346:f2424
doctornews33

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