(08-09-13) Non chiamatelo più cancro, please!
La parola evoca paura, sofferenza, speranze limitate di intervento terapeutico. E così, quando proprio la definizione non è perfettamente calzante con la condizione clinica del paziente, non diciamo più cancro per limitare l'impatto emotivo sui pazienti del termine. A lanciare questa sorta di rivoluzione semantica sono gli studiosi del National Cancer Institute, A far riflettere sullo stato attuale dell'oncologia, peraltro, è anche il fenomeno della sovra diagnosi e del conseguente over-treatment. Oggi infatti esistono tecniche diagnositiche estremamente sofisticate che possono portare anche a riconoscere piccole lesioni, che costringono i pazienti a terapie invasive, dolorose sotto l'aspetto fisico ed ancora più sotto il profilo psicologico. Un esempio per tutti? La definizione di carcinoma in situ: non è un vero e proprio tumore, ma viene chiamato così e la parola suscita ansia e preoccupazione, mentre invece dovrebbe essere usata la corretta definizione medica: lesione indolente di origine epiteliale. Per questo, forse, occorre fare attenzione alle parole. "Cancro è una definizione che risale al 19esimo secolo. Abbiamo bisogno di parole che ci portino dentro l'era moderna" - sottolinea Otis W. Bradley, uno degli esperti che ha scritto questo studio dedinate a far rumore. Il problema, insomma, è ancora una volta la comunicazione medico paziente e il rapporto tra chi cura e chi deve ritrovare la salute: sceglierte bene le parole è fondamentale!
Fonte:edott.it
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