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Le ricerche di Gerona 2005

(09-09-13) Il fumo della madre annebbia la condotta dei figli





doctornews33Il fumo in gravidanza aumenta il rischio di disturbi del comportamento nella prole, secondo le conclusioni di uno studio britannico pubblicato su Jama Psychiatry. Dice Gordon Harold, psicologo dell’Università di Leicester e coautore dell’articolo: «Le anomalie comportamentali sono un problema di rilevante interesse clinico e sociale, e il fumo materno in gravidanza è noto per accrescere le probabilità di alterazioni psicologiche nei figli, con patologie che vanno dal deficit di attenzione al disturbo della condotta, una categoria psichiatrica che comprende modelli di comportamento antisociali con continue violazioni delle regole di civile convivenza e dei diritti altrui: gli aggressori non solo danneggiano gli altri ma rischiano la depressione, l’abuso di sostanze e la tendenza al suicidio». Tuttavia, sebbene diversi studi indichino un legame significativo tra fumo materno in gravidanza e disturbo della condotta nella discendenza, finora la difficoltà maggiore è stata quella di disaggregare le influenze ambientali prenatali da quelle ambientali e genetiche postnatali. Per chiarire l’argomento i ricercatori britannici hanno esaminato tre studi: il Christchurch Health and Development, un trial di coorte longitudinale su figli naturali e adottati, l’Early Growth and Development, uno studio longitudinale su bambini adottati alla nascita, e il Cardiff Ivf, uno studio di adozione al concepimento con fecondazione artificiale tra famiglie geneticamente correlate e non. «Dai dati raccolti emerge una significativa associazione tra fumo in gravidanza e disturbi di condotta nella prole. E questi disturbi non si osservano solo nei figli di madri geneticamente correlate ma anche in quelli con diverso corredo genico» sottolinea Harold. E in un editoriale di commentoTheodore Slotkin della Duke University di Durham, in North Carolina, scrive: «Ora sappiamo che le conseguenze dell’esposizione prenatale al fumo di tabacco non si limitano al rischio perinatale, ma possono estendersi all’intera esistenza dell’individuo, incidendo profondamente sulla sua qualità di vita» conclude Slotkin.

Fonte: Jama Psychiatry. 2013;70(9)


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