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Le ricerche di Gerona 2005

(28-09-13) Ciò che mangiamo influenza i geni



I cibi inducono modificazioni nella struttura del Dna, che possono anche favorire lo sviluppo di alcuni tumori
I geni possono influenzare il modo con cui assimiliamo i cibi, ma è vero anche il contrario: i cibi influenzano l'attività dei geni, «accendendoli» o meno e modificando, di conseguenza, l'attività delle cellule. L'ultima dimostrazione arriva da una ricerca, dell'Institute for Food Research dell’Università di Newcastle in Inghilterra, secondo cui ciò che mangiamo incide sulla probabilità di sviluppare un tumore, per effetto di modifiche dette epigenetiche. Queste sono, in sostanza, piccoli cambiamenti dei geni (spesso consistono in metilazioni, ovvero nell'aggiunta al DNA di un gruppo metile con tre atomi di idrogeno e uno di carbonio) che non alterano il genoma, ma influenzano il modo e la tempistica con cui i geni vengono «accesi» o «spenti», agendo perciò sulla loro attività.
I partecipanti allo studio, che non avevano tumori né seguivano diete particolari o assumevano integratori, sono stati sottoposti a una colonscopia durante la quale sono state prelevate cellule dalla parete dell'intestino; quindi i ricercatori hanno analizzato i geni più coinvolti nello sviluppo del tumore al colon, soffermandosi sulle eventuali metilazioni. «Queste modifiche epigenetiche vengono trasmesse con la divisione cellulare e sappiamo che possono essere coinvolte nello sviluppo di tumore — spiega Nigel Belshaw, il coordinatore dello studio —. Abbiamo quindi studiato la relazione fra le metilazioni che trovavamo e alcune caratteristiche del soggetto, come età, sesso, indice di massa corporea e dieta, valutando la quantità di alcuni micronutrienti, come selenio e vitamina D, nel sangue».
I risultati mostrano come età e sesso maschile incidano sulle alterazioni epigenetiche e la proporzione di cellule metilate: non a caso, dopo i 50 anni e soprattutto negli uomini cresce maggiormente il rischio di tumore del colon. «Ma anche il peso corporeo in eccesso si associa ad alterazioni epigenetiche che possono aumentare il rischio di cancro all'intestino, e lo stesso vale per il contenuto della dieta — racconta Belshaw —. Abbiamo infatti dimostrato che nei soggetti con livelli plasmatici più elevati di vitamina D e selenio (derivanti dalla alimentazione, ndr) c'è una minore metilazione. Troppo acido folico (sempre collegato alla dieta, ndr), invece, stando ai dati raccolti, avrebbe un effetto contrario. Alcuni studi epidemiologici hanno già indicato una possibile correlazione fra un eccessivo introito di folato e un maggior rischio di tumore al colon in alcuni soggetti, adesso stiamo studiando più a fondo il tema per capire meglio l'eventuale legame».
Si parla comunque di eccesso, per cui è bene sottolineare che l'acido folico è e resta un componente fondamentale della dieta (si trova in verdure a foglia verde come spinaci, broccoli e lattuga, nei legumi, nei cereali e in agrumi come limoni e arance). Di certo il dato conferma che è importante non farsi mancare nè la vitamina D, portando spesso in tavola il pesce, nè il selenio, che si trova in prodotti ittici, frutti di mare, noci ma anche in cereali e vegetali (in cui però la quantità dipende dal terreno di coltura). «Il cibo modifica le nostre condizioni di salute, è noto: ciò significa che gli alimenti alterano la funzionalità e l'attività dei geni, perché è solo così che poi si possono avere effetti più generali — commenta Luigi Fontana —. In altre parole, se colesterolo o glicemia cambiano in base alla dieta, certamente gli alimenti incidono sui geni che sovrintendono alle "vie" che li coinvolgono. Questo è certo. La sfida oggi è capire in dettaglio come ciò avvenga».

Fonte: Www.corriere.it

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