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Le ricerche di Gerona 2005

(16-11-13) Nel bambino indigente il volume cerebrale si riduce



I bambini nati in famiglie povere hanno minore volumetria cerebrale in età scolare e nella prima adolescenza, secondo uno studio pubblicato da Jama Pediatrics. «Gli effetti deleteri della povertà sullo sviluppo infantile sono noti nella ricerca psicosociale, con l’indigenza identificata tra i fattori di rischio più potenti nel condizionare non solo un carente sviluppo cognitivo e uno scadente rendimento scolastico, ma anche comportamenti antisociali e disturbi mentali» esordisce Joan Luby, psichiatra all’Early emotional development program della Washington University di St Louis, Missouri, sottolineando che, nonostante i deficit di sviluppo associati alla povertà siano stati rilevati fin dalla prima infanzia, sono disponibili pochi dati sui meccanismi neurobiologici che legano le due condizioni. «E questa è una lacuna scientifica fondamentale, nonché un problema urgente di salute pubblica nazionale, dato che le statistiche statunitensi parlano di oltre 1 bambino su 5 sotto la soglia di povertà» rincara Luby, che ha studiato l'effetto dell’indigenza sullo sviluppo del cervello esaminando le variazioni di volume della sostanza bianca e della materia grigia corticale, così come dell'ippocampo e dell'amigdala in un gruppo di 145 bambini dai 6 ai 12 anni scelti da un gruppo più ampio di partecipanti a uno studio sulla depressione prescolare. E i dati raccolti con la risonanza magnetica cerebrale confermano: la povertà nella prima infanzia si associa a una riduzione volumetrica della corteccia e dell’amigdala, ma soprattutto dell’ippocampo, quest’ultimo mediato dagli eventi della vita e dalle stressanti condizioni familiari. «Ciò sottolinea l'importanza della serenità familiare, raggiungibile solo con l'educazione genitoriale e con programmi prescolari di sostegno di alta qualità assistenziale e di rifugio sicuro per i bambini vulnerabili» conclude la psichiatra. ECharles Nelson, ricercatore della Harvard Medical School, commenta in un editoriale: «L'esperienza precoce modella l'infrastruttura neurale e biologica del bambino, aprendo la strada al futuro sviluppo sociale e cognitivo. E a giudicare dai dati di questo studio l'esposizione precoce alle avversità della vita dovrebbe essere considerata non meno tossica dell’esposizione al piombo, alcol o droghe. E come tale dovrebbe anche meritare molta più attenzione in termini di salute pubblica».

Fonti:
JAMA Pediatr. 2013;167(12)
doctornews33

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