(22-11-13) Terapia cognitivo-comportamentale per l’ipocondria
Rispetto al consueto trattamento, l’ipocondria si cura meglio con la terapia cognitivo-comportamentale (Cbt) somministrata da personale non specializzato formato a costi contenuti. Ecco i risultati di Champ, Cognitive behaviour therapy for Health Anxiety in Medical Patients, il primo studio su larga scala per testare l'efficacia della terapia cognitivo-comportamentale nell’ansia di salute. «Champ porta buone notizie per il 10-20 dei pazienti ospedalizzati che si preoccupano eccessivamente di avere una grave malattia non diagnosticata» esordisce Peter Tyrer, ricercatore dell’Imperial College di Londra e coordinatore dello studio, pubblicato su The Lancet. «L’ipocondria è costosa per gli operatori sanitari assillati dai pazienti, e un trattamento efficace potrebbe risparmiare denaro riducendo il bisogno di test inutili e ricoveri ospedalieri di emergenza» spiega Tyrer. Studi precedenti hanno dimostrato che la terapia cognitivo-comportamentale, mirata a cambiare sia i modelli di comportamento sia il modo di pensare del paziente, è un efficace trattamento per l'ansia, ma la carenza di specialisti e terapisti specializzati può allungare le liste di attesa. E qui arriva Champ, un trial randomizzato svolto su 444 persone tra 16 e 75 anni ammalate di ipocondria e trattate in sei ospedali generali del Regno Unito con 5-10 sessioni di terapia cognitivo-comportamentale modificata (Cbt-Ha) o trattamento standard, fatto da rassicurazione e supporto ambulatoriale. La Cbt-Ha è stata somministrata da personale non specializzato, infermieri per esempio, addestrato da terapisti esperti. E già dopo un anno i risultati erano chiari: la Cbt-Ha ha migliorato l’ipocondria quasi tre volte di più della cura convenzionale. «I nostri risultati indicano che la Cbt, somministrata dal personale non specializzato sottoposto a una minima formazione, potrebbe essere implementata in ambito ospedaliero». Ma in un editoriale di commento Chris Williams dell'Università di Glasgow getta acqua sul fuoco: «Tradurre questi risultati in servizi ai pazienti potrebbe essere problematico: l’ipocondria è solo uno dei disturbi emotivi dei pazienti ambulatoriali, che comprendono anche, tanto per citarne alcuni, la depressione, l’abuso di alcol e la scarsa aderenza al trattamento. Sviluppare servizi che trattino singolarmente ogni disturbo non ha senso, anche perché i problemi emotivi spesso si sovrappongono. La strada giusta è che psichiatri o psicologi trattino l’intera gamma di disturbi in appositi servizi ospedalieri».
Fonti:
Lancet Published online October 18, 2013
doctornews33
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