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Le ricerche di Gerona 2005

(01-12-13) Conflitto di interessi, studio britannico lo riporta alla ribalta


Gli universitari con interessi nell’industria farmaceutica erano più propensi a parlare sulla stampa dei rischi della pandemia di influenza suina verificatasi nel 2009-10, dichiarandosi a favore di farmaci e vaccini, rispetto ai loro colleghi senza tali interessi. È quanto emerge da uno studio pubblicato sul Journal of Epidemiology & Community Health. «Durante la pandemia sono stati spesi nel Regno Unito circa un miliardo di sterline in farmaci, compresi gli antivirali inibitori della neuraminidasi. E il vaccino anti H1n1 è stato venduto in una quantità di dosi stimata tra 4 e 6 miliardi di sterline» spiega Kate Mandeville, ricercatrice al Department of Global Health and Development, London School of Hygiene and Tropical Medicine di Londra, coautrice dell’articolo. E dopo il salasso è sorto qualche dubbio sull’eventuale conflitto di interessi che gli esperti dei comitati scientifici consultivi, compreso il Comitato di emergenza dell’Organizzazione mondiale della sanità, potevano avere con le aziende farmaceutiche. Per vederci chiaro Mandeville e colleghi hanno analizzato le rassegne stampa quotidiane, media radiotelevisivi esclusi, sulla pandemia tra aprile e luglio 2009, periodo in cui sono state prese le decisioni importanti sul modo di rispondere alla minaccia dell’influenza suina. I ricercatori hanno selezionato 425 articoli con pareri pro o contro farmaci e vaccini, analizzando gli interessi privati di ogni accademico citato mediante le dichiarazioni di conflitto di interesse, le fonti di finanziamento dettagliate sui profili personali, le ricerche su Google e le dichiarazioni di finanziamento scritte su tutte i lavori pubblicati nei quattro anni precedenti. Tutto è stato annotato: sovvenzioni, onorari, cachet da relatore, consulenze, azionariato e gli altri eventuali interessi in gioco. «Durante il periodo di studio il ministro della Salute è stata la fonte più citata, con una copertura del 34% degli articoli, seguito dai docenti universitari (30%). E tra i 61 accademici citati, un terzo aveva interessi in conflitto. E gli editori della rivista, Martin Bobak e Jim Dunn, commentano: «Questi dati dimostrano che le consulenze scientifiche possono spesso essere influenzate da interessi economici non dichiarati. E dal punto di vista di un editore questo è un fatto inquietante a causa dei limiti che le riviste hanno nello stabilire i conflitti di interesse degli autori».

Fonti:
J Epidemiol Community Health, Online First: 11 November 2013.
Doctornews33

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