(22-01-14) Disturbi depressivi in aumento tra le cause di disabilità
Arturo ZenoriniIl disturbo depressivo maggiore (Ddm) è la seconda tra le cause principali di disabilità a livello mondiale ed è il fattore che contribuisce in maggiore misura al numero complessivo di atti suicidari e casi di cardiopatia ischemica. Il dato, tratto dall’ultimo studio Global Burden of Disease (Gbd), ossia il Gbd 2010, oltre a confermare la crescente rilevanza del carico dei disturbi depressivi rilevata nei precedenti studi del 1990 (in cui si trovavano al 4° posto) e del 2000 (3° posto), evidenzia l’importanza di includere queste patologie tra le priorità della sanità pubblica, mettendo in atto interventi costo-efficaci per diminuirne l’onere. L’analisi del Gbd 2010 è stata effettuata da un board di tre autori australiani, uno canadese e uno statunitense, coordinato da Alize J. Ferrari, dell’Università del Queensland, a Herston (Australia), che ha considerato il carico del Ddm e della distimia in base alle singole nazioni e regioni, all’età, al sesso e all’anno, valutandolo anche come fattore di rischio per suicidio e cardiopatia ischemica. Per la quantificazione del carico globale attribuibile ai disturbi depressivi, i ricercatori hanno utilizzato gli anni di vita corretti per la disabilità (DALYs), calcolati sommando gli anni vissuti con una disabilità (YLDs) agli anni persi a causa di morte prematura patologia-specifica (YLLs). Messo a confronto con altre malattie e lesioni, nel 2010 il Ddm ha contribuito alll’8,2% degli YLDs globali, collocandosi come detto al 2° posto tra i più importanti motivi di disabilità globale, e all’11° tra le cause primarie di carico globale (o DALYs). Meno rilevante l’apporto della distimia, attestata all’1,4% degli YLDs globali. Dalla ricerca è emerso anche che i disturbi depressivi sono prevalenti nelle donne rispetto agli uomini e che la più ampia proporzione di YLDs si presenta tra i soggetti adulti in età lavorativa. Da notare che il peso dei disturbi depressivi è aumentato del 37,5% tra il 1990 e il 2010 a causa dell’aumento della popolazione e del suo progressivo invecchiamento. «Abbiamo valutato» riferiscono infine gli autori «che il Ddm, quando considerato fattore di rischio per suicidio e cardiopatia ischemica, determina una quota aggiuntiva, rispettivamente, di 16 e 14 milioni di DALYs».
Fonti:
PLoS Med, 2013;10(11):e10001547.
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