(12-02-14) L’inquinamento morde il cuore, a dispetto dei limiti europei
Ora, invece, lo scopo del gruppo europeo, coordinato dall'Università di Utrecht, Paesi Bassi, era di studiare l'effetto dell’esposizione a lungo termine agli inquinanti aerodispersi sugli eventi coronarici acuti, infarto e angina instabile, in 11 coorti di ESCAPE. Lo studio ha coinvolto oltre 100.000 persone senza malattie cardiache seguiti in media per 11,5 anni, di cui 5.157 colpiti da eventi coronarici nel follow-up. Dopo aver tenuto conto di diversi fattori di rischio tra cui comorbidità, fumo e fattori socio-economici, i ricercatori hanno scoperto che per un aumento di 5 mcg/m3 di PM2,5 le probabilità di eventi coronarici salgono del 13 per cento. Allo stesso modo, per un aumento di 10 mcg/m3 di PM10 il rischio di eventi coronarici sale del 12 per cento. «Sono state rilevate associazioni positive significative sotto l'attuale limite europeo per il PM2,5 e sotto i 40 mcg/m3 per il PM10, mentre il rischio legato ad altri inquinanti come NO2 o NOx è positivo ma non significativo» scrivono oi ricercatori, diretti daGiulia Cesaroni del Dipartimento di epidemiologia dell’Agenzia di Sanità Pubblica della Regione Lazio. «Questi risultati, assieme agli altri di ESCAPE, indicano la necessità di abbassare i limiti europei del particolato atmosferico per proteggere la salute pubblica».L'esposizione prolungata al particolato fine aumenta il rischio di attacchi cardiaci e angina, anche per valori ben al di sotto degli attuali limiti sanciti dall’Unione Europea, secondo uno studio su Bmj. Diversi trial hanno dimostrato gli effetti dell'inquinamento sulla mortalità, e la maggior parte di essi, quasi tutti statunitensi, sottolineano che la massa del particolato (P) più nocivo è fra 10 micron (PM10) e 2,5 micron (PM2, 5) di diametro. Le stime attuali indicano che il particolato atmosferico è responsabile di 3,2 milioni di morti nel mondo ogni anno, ma l'associazione tra esposizione a lungo termine all'inquinamento atmosferico e l'incidenza di eventi coronarici era finora controversa. Nonostante poche ricerche in Europa abbiano studiato il PM2,5 - in parte per la scarsa disponibilità dei dati di monitoraggio - emerge comunque anche nel nostro continente un’associazione significativa tra mortalità, biossido di azoto (NO2) e ossido di azoto (NOx). E, data la stretta correlazione nelle aree urbane tra NO2 , NOx e PM2,5 e traffico veicolare, l'interesse per gli effetti sulla salute del PM tra 2,5 e 10 micron è sempre maggiore. Nell'Unione europea il limite per il PM2,5 è di 25 microgrammi per metro cubo (mcg/m3) di aria, di gran lunga superiore a quello statunitense di 12, e dei 10 suggeriti dall'Organizzazione Mondiale della Sanità. Così, per fare chiarezza su quali siano i valori realmente nocivi alla salute un gruppo di ricercatori europei ha valutato l'esposizione standardizzata a PM 2,5-10, NO2, NOx correlata ai dati sanitari in Europa. L'obiettivo di Escape, European Study of Cohorts for Air Pollution Effects, svolto su oltre 360.000 residenti in città di grandi dimensioni in 13 paesi europei e pubblicato su The Lancet a fine 2013 era di indagare l'associazione tra esposizione all'inquinamento e mortalità generale.
E Michael Brauer con John Mancini, ricercatori all’University of British Columbia a Vancouver in Canada, commentano in un editoriale: «L'impatto dell'inquinamento impone il massimo sforzo per ridurre la morbilità e la mortalità di queste patologie in tutta Europa». Anche perché dalle misurazioni delle polveri sottili rilevate da ESCAPE si osserva nel vecchio continente un inquinamento crescente da nord a sud, con l’Italia tra i paesi più inquinati: Torino e Roma hanno totalizzato in media 46 e 36 mcg/m3 di PM10. Un’enormità rispetto ai valori di Oxford e Copenhagen, rispettivamente a 16 e 17 mcg/m3.
Fonte:
BMJ 2013;348:f7412
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