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Le ricerche di Gerona 2005

(19-02-14) Alti livelli di vitamina D tengono a bada la sclerosi multipla




I livelli sierici di vitamina D sembrano avere una correlazione inversa con l’attività della sclerosi multipla (Sm) in termini di tasso di progressione, numero di recidive, nuove lesioni attive e grado di atrofia cerebrale. Questo è quanto emerge da uno studio di Jama Neurology coordinato dall’italiano Alberto Ascherio, professore di epidemiologia e nutrizione alla Harvard School of Public Health di Boston. «La sclerosi multipla è una comune causa di disabilità neurologica nei giovani adulti, e la maggior parte dei pazienti hanno attacchi di demielinizzazione infiammatoria (Sm recidivante-remittente) seguita anni dopo da una progressione della malattia resistente alla terapia che porta all’atrofia cerebrale» spiega il ricercatore. Precedenti studi hanno segnalato un rischio maggiore di sviluppare Sm nonché una correlazione inversa tra livelli di vitamina D e attività della malattia, suggerendo che la vitamina D è implicata nei processi patologici che iniziano e perpetuano la Ms. E poiché la carenza di vitamina D è una condizione a elevata frequenza, la sua aggiunta potrebbe portare tangibili benefici a molti malati di Sm. E proprio Benefit, per Betaferon/Betaseron in Newly Emerging multiple sclerosis For Initial Treatment, si chiama lo studio che è servito a verificare se i valori di vitamina D nelle prime fasi della MS potessero modificare il decorso a lungo termine della malattia. «Benefit è uno studio randomizzato che ha confrontato gli effetti del trattamento con interferone beta-1b in pazienti con MS, randomizzando un totale di 468 soggetti» spiega Ascherio, che assieme ai colleghi ha misurato i livelli sierici di vitamina D all’inizio dello studio e dopo 6, 12 e 24 mesi, eseguendo valutazioni cliniche e risonanze magnetiche. «Ad aumenti medi della vitamina di 50 nmol/L nei primi 12 mesi di follow-up corrispondeva un rischio inferiore del 57% di nuove lesioni cerebrali attive e di recidive, e del 25% più basso di incremento delle lesioni già esistenti» prosegue il medico ed epidemiologo. E conclude: «Tra i pazienti con SM trattati con interferone beta-1b, bassi livelli di vitamina D sono un forte fattore di rischio per l'attività e la progressione a lungo termine della malattia».


Fonti:
doctornews33
JAMA Neurology Published online January 20, 2014




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