(25-02-14) Bmj, bandire pubblicazione studi finanziati da industrie?
15 Gen 2014
Roma, 15 gen. (Adnkronos Salute) - Le riviste scientifiche dovrebbero smettere
di pubblicare studi finanziati dalle industrie farmaceutiche? E' la domanda da
un milione di dollari che si pone il celebre British Medical Journal, che in
passato ha aveva già deciso di 'bandire' le ricerche sostenute dalle compagnie
del tabacco e che ora propone un dibattito fra Richard Smith, direttore di
Patients Knows Best, Peter Gotzsche, direttore del Nordic Cochrane Centre di
Copenhagen, e Trish Groves, Head of Research dello stesso Bmj. I primi due si
dicono favorevoli a dire addio ai trial finanziati dalle imprese del farmaco in
quanto mirati solo ad aumentare le vendite dei medicinali. Per la Groves,
invece, ci sono motivi validi per non farlo.
"Sappiamo che ci sono probabilità molto maggiori che i trial clinici
finanziati dall'industria riportino risultati positivi, rispetto agli studi
finanziati da enti pubblici", ricordano i primi due esperti in un articolo
online. "La ragione è ovvia - dicono - e cioè che la differenza fra un'analisi
onesta e una meno onesta vale miliardi di euro". E, viceversa, circa la metà
dei lavori, e in questo caso di parla di studi che danno risultati negativi,
non viene pubblicata.
Gli autori fanno poi esempi concreti di trial pubblicati a opera di importanti
aziende farmaceutiche su testate scientifiche altrettanti celebri, che si sono
poi rivelati fallaci, concretizzandosi in un rischio per i pazienti. E si fa
notare che, al contrario delle ricerche finanziate dalle multinazionali del
tabacco, relativamente rare, attualmente due terzi dei trial che appaiono su
riviste come Lancet o New England Journal of Medicine proviene dal mondo
industriale. Insomma, secondo Smith e Gotzsche le riviste, per essere
rispettate, dovrebbero "liberarsi dalle industrie del farmaco, come ha fatto il
giornale francese 'Prescrire'. E il risultato sarà che i medicinali non saranno
più la terza causa di morte, dopo le malattie cardiovascolari e il cancro".
A difendere la necessità di dare spazio anche agli studi finanziati dal
settore privato è invece Trish Groves. E questo perché "le imprese
farmaceutiche - sostiene - producono e commercializzano prodotti che comunque
mirano a migliorare la salute. Chiaramente ci sono delle preoccupazioni, se si
pensa che solo un farmaco su 10 dei nuovi che arrivano in commercio ha benefici
sostanziali per i pazienti".
Ma "abbiamo a disposizione diversi strumenti per massimizzare la trasparenza
scientifica ed etica dei lavori scientifici" che provengono dall'industria. E
dunque, piuttosto che bandirli, secondo la Groves si dovrebbe semplicemente
rafforzare questi strumenti e renderli più stringenti. Questo "almeno finché
non potremmo affidarci in toto alle istituzioni pubbliche per condurre tutti
gli importanti studi che le industrie portano avanti, a oggi. Nel frattempo,
saremo felici di pubblicare studi rilevanti e di alta qualità finanziati
privatamente, continuando la nostra campagna mirata ad aumentare la loro
rilevanza e trasparenza".
Fonti:
Quotivadis
ADNKronos Salute
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