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Le ricerche di Gerona 2005

(28-04-14) Gli italiani amano gli integratori vegetali: al primo posto aloe vera, seguita da finocchio, valeriana, ginseng e mirtillo



Pubblicato da Valentina Murelli il 4 aprile 2014

Nella ricerca, i prodotti con aloe vera si sono classificati al primo posto in Italia
Da un’indagine sul consumo di integratori alimentari a base vegetale (estratti da: alghe, funghi o licheni) condotta in sei paesi europei nell’ambito del progetto PlantLIBRA, i prodotti con aloe vera si sono classificati al primo posto in Italia. Seguiti da quelli contenenti finocchio (Foeniculum vulgare), valeriana (Valeriana officinalis), ginseng (Panax ginseng) e mirtillo (Vaccinium myrtillus).

Stiamo parlando di un settore molto ampio e complesso perché in Europa ogni paese segue regole proprie per la commercializzazione (anche se esiste un principio di mutuo riconoscimento, in base al quale i prodotti messi sul mercato in uno degli stati membri possono essere venduti anche in tutti gli altri). Resta il fatto che ciascun paese segue proprie regole, per cui si possono riscontrare differenze anche molto significative nei livelli massimi di assunzione o nelle avvertenze per i consumatori. Come se non bastasse, certe sostanze possono essere presenti sia in integratori sia in veri e propri medicinali, che a loro volta seguono percorsi regolatori diversi.


L’indagine ha coinvolto 378 persone che hanno dichiarato di aver assunto almeno una volta nei 12 mesi precedenti un preparato realizzato con sostanze vegetali
A fronte di questa situazione, i dati a disposizione sui consumi europei di integratori alimentari a base vegetale sono scarsi. Da qui l’idea di un gruppo di ricercatori di sei paesi – Finlandia, Germania, Italia, Regno Unito, Romania e Spagna – di condurre un’indagine per scoprire le preferenze dei consumatori. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista PLoS One: qui ci limitiamo a riassumere quanto emerso per il nostro paese.

L’indagine ha coinvolto 378 persone che hanno dichiarato di aver assunto almeno una volta nei 12 mesi precedenti un preparato realizzato con sostanze vegetali (una dose quotidiana per almeno due settimane consecutive, oppure una dose settimanale per almeno tre settimane consecutive o quattro settimane non consecutive). Il campione finale non è stato selezionato a caso, ma in modo da corrispondere ad alcune caratteristiche generali: si tratta soprattutto di persone adulte o anziane, di buon livello socio-economico, con un grado di istruzione medio-alto, piuttosto attive fisicamente e con un stato di salute percepito in genere come buono o molto buono.


Tra gli integratori vegetali gli italiani preferiscono capsule e pillole (64,7% del totale) rispetto ai liquidi (26,4%)
Ecco i risultati. I consumatori italiani hanno utilizzato un numero elevato di prodotti (289: il più alto tra i paesi esaminati), contenenti in tutto ben 222 diverse specie botaniche. Si tratta per lo più di utilizzatori abituali, visto che il 41,3% ha dichiarato di assumere “periodicamente” integratori vegetali, mentre il 30,7% lo fa solo di fronte al peggioramento di una particolare condizione di salute. Nella grande maggioranza dei casi (oltre il 90%) gli italiani utilizzano un solo prodotto, che può contenere sia una sostanza vegetale (nel 46,6% dei casi), sia un mix di ingredienti (43,7%). Quanto alla forma, i nostri connazionali preferiscono capsule e pillole (64,7% del totale) rispetto ai liquidi (26,4%). Per quanto riguarda la tipologia di piante, abbiamo già detto in apertura: il primo posto spetta all’aloe, mentre considerando l’insieme dei sei paesi il primato va al Gingko biloba. (Scorrendo l’articolo originale, la classifica completa per i sei paesi esaminati si trova nella tabella 14).

Certo l’indagine ha alcune importanti limitazioni, a partire dal sistema di reclutamento del campione, che comprendeva solo utilizzatori di integratori alimentari, per cui non è stato possibile fare confronti con la popolazione generale. Inoltre, si è trattato di uno studio di natura retrospettiva e non è detto che gli intervistati siano stati sufficientemente precisi nel ricordare quanto assunto nei 12 mesi precedenti. Si tratta però di un primo passo per capire meglio chi e perché fa uso di questi prodotti, che muovono ogni anno un giro d’affari molto importante.

Fonte: Valentina Morelli-ilfattoalimentare.it

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