(16-06-14) Contro il junk food le stesse strategie utilizzate per il tabacco: 3,4 milioni i decessi attribuibili all’obesità
Pubblicato da Agnese Codignola il 29 maggio 2014
L’obesità va trattata con un approccio simile a quello messo in campo alla fine degli anni sessanta nei confronti del fumo di tabacco: è l’appello provenuto, negli stessi giorni, da fonti diverse e autorevoli riunite in un summit organizzato a Ginevra da Consumer International, insieme ad altre agenzie e organizzazioni internazionali tra le quali l’OMS, affinché il mondo si muova in tempo.
Il primo messaggio è stato lanciato durante l’apertura dei lavori del summit dal belga Olivier de Schutter, già a capo dell’International Federation of Human Rights e dal 2008 nel comitato OMS che si occupa di diritto al cibo, illustrando il nuovo rapporto sui diritti umani. Nell’analogo rapporto del 2012, de Schutter aveva già cercato di richiamare l’attenzione sul problema dell’obesità, chiedendo una tassazione più elevata per gli alimenti non sani, una legislazione più stringente sui cibi a elevato tenore di zuccheri, sale e acidi grassi trans, e una seria battaglia alla pubblicità del junk food.
Il rapporto, inoltre, sottolineava la pericolosità dei bassi prezzi di vendita di alcuni alimenti, e invitava a mettere in campo politiche atte a favorire un abbassamento del costo del cibo locale affinché i consumatori avessero accesso a cibo “sano, nutriente e fresco”.
Questa volta l’esperto è andato oltre, prendendo indirettamente atto del fallimento delle iniziative precedenti. «Fino a quando il problema non sarà affrontato a monte, con uno sforzo globale – ha detto – nessun provvedimento potrà essere realmente efficace».
E ha aggiunto: «i governi finora si sono concentrati sulla disponibilità di calorie, senza preoccuparsi in alcun modo del tipo di calorie, del prezzo, del pubblico al quale era rivolto un certo alimento e della pubblicità. Ora è giunto il momento delle contromisure, anche nei confronti della campagne di disinformazione cui siamo tutti sottoposti».
Allo stesso summit sono poi intervenuti i portavoce ufficiali di Consumers International e della World Obesity Federation, chiedendo, nello specifico, regole chiare ai governi di tutto il mondo, dal momento che i decessi direttamente attribuibili all’obesità e al sovrappeso sono cresciuti dai 2,6 milioni del 2005 ai 3,4 milioni del 2010. Ecco l’elenco di ciò che si vuole ottenere:
- i grassi artificiali trans devono essere rimossi da tutti gli alimenti e le bevande entro cinque anni;
- i livelli di sale, grassi saturi e zuccheri degli alimenti serviti in mense scolastiche, scuole e uffici pubblici devono essere ridotti drasticamente per legge;
- la pubblicità sui cibi deve essere regolata in modo molto più limitante, e l’applicazione delle norme deve essere puntuale;
- il pubblico deve essere costantemente informato sul cibo sano;
- la pubblicità diretta ai bambini e trasmessa nei programmi televisivi specifici, così come quella inserita in programmi che hanno un pubblico giovane come i talent deve anch’essa essere limitata e controllata;
-i governi devono analizzare il costo del cibo, introdurre tasse, modificare le legislazioni sulle licenze e verificare costantemente che tutto ciò accada;
- in generale, l’impegno profuso deve essere simile a quello messo in campo contro il tabacco.
Nei confronti delle aziende del cibo, poi, non bisogna essere condiscendenti come lo si è stati con quelle tabacco, che hanno sostenuto per anni l’innocuità dei loro prodotti, per poi contare, decenni dopo, decine di milioni di morti. Per questo le nuove norme devono essere ispirate agli stessi principi in tutti i Paesi, e i governi locali, se aderenti a organizzazioni più grandi come l’Europa o gli Stati Uniti, devono essere obbligati a uniformare le normative nazionali a quelle internazionali. Il cibo, hanno fatto notare alcuni, non è come il tabacco, voluttuario: del cibo si ha bisogno per vivere.
La questione è dunque da valutare in maniera complessiva e attenta. Però, hanno risposto altri esponenti delle organizzazioni presenti, gli eccessi e gli errori fanno un numero tale di morti che, se si trattasse di una malattia infettiva, tutto il mondo sarebbe mobilitato e miliardi di dollari sarebbero già impiegati per la ricerca di una soluzione efficace. E dunque non bisogna avere scrupoli nell’agire anche drasticamente.
Una delle iniziative richieste citate è, infine, anche la stessa che emerge in un articolo pubblicato su CA: A Cancer Journal for Clinicians, dalla quale si evince che il vero punto cruciale della lotta all’obesità è la diminuzione del prezzo del cibo. Paradossalmente, l’aumento dell’obesità è coinciso con l’aumento dell’attività fisica, del tempo libero, della disponibilità di frutta e verdura fresche. Snack, automobili, televisione, fast food, sedentarietà, lavoro al computer, distributori automatici, dimensione delle porzioni hanno contribuito, ma non quanto basta a spiegare ciò che è avvenuto.
E allora che cosa ha incentivato maggiormente l’esplosione del peso? Il crollo dei prezzi. Secondo gli autori, infatti, nel 1930 gli americani (e gli abitanti dei paesi più ricchi in genere) spendevano un quarto del loro stipendio per mangiare; nel 1950 la cifra era già scesa a un quinto, e oggi è meno di un decimo. Tra i cibi più a buon mercato, inoltre, vi sono proprio quelli più pericolosi come quelli dolcificati e quelli a base di carboidrati e grassi.
È indubbio che una politica basata su tassazioni differenziate, limiti imposti per legge alla presenza di certi ingredienti, campagne informative e trasparenza su ciò che viene venduto possono dare una mano significativa.
Fonte: Pubblicato da Agnese Codignola il 29 maggio 2014 ilfattoalimentare.it
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