(18-06-14) Carciofo: buonissimo e fa bene all'organismo
La denominazione scientifica di tale ortaggio, Cynara Scolymus, secondo una certa scuola di pensiero, sarebbe – il condizionale è di obbligo - di derivazione latina: dalla parola 'cinere', la cenere con cui gli agricoltori, ad attestazione dello scrittore romano Columella, usavano concimare tali piante; secondo altri, e in riferimento al mito, Cynara si ricollegherebbe al nome di una bella ragazza sedotta dal sommo Giove e successivamente tramutata in una pianta bella ed utile, quale appunto è il carciofo.
E, sempre rimanendo in ambito di derivazione classica, dalla trasformazione della denominazione latina articatus deriva artisciocco, ancora presente in vari dialetti settentrionali, ricollegabile peraltro al francese artichaut o all’inglese garden artichoke, mentre dall’arabo al-kharshûf proviene la denominazione spagnola alcaciofa, corrispondente alla parola carciofo, usata nella quotidianità del nostro linguaggio comune.
La pianta, appartenente alla famiglia delle Asteraceae, può raggiungere l’altezza del metro e mezzo circa; i fiori, per quanto attinente al nostro discorso alimentare, sono raggruppati in un capolino, detto anche calatide, dal diametro della grandezza di circa 5/15 cm, di forma sferoidale oppure conica oppure cilindrica a seconda delle varietà, con ricettacolo carnoso e concavo nella parte superiore. Nel capolino non ancora maturo l’infiorescenza vera e propria è protetta da brattee involucrali con apice inerme, mucronato o spinoso; la parte commestibile è costituita appunto dalla base delle brattee e dal ricettacolo, comunemente detto cuore.
In base ai caratteri botanici, secondo la classificazione del fiore, al genere Cynara viene attribuita un’unica specie, il Cynara cardunculus L, comprendente tre varietà botaniche:
• il Cynara Cardunculus Silvestris: il cardo selvatico, noto anche come caglio o carduccio, comunemente usato nella preparazione del cosiddetto caglio fiore;
• il Cynara Cardunculus Scolymus, il carciofo coltivato;
• il Cynara Cardunculus Altilis, il cardo domestico.
È molto probabile che sia il carciofo coltivato che il cardo domestico siano entrambi derivati da quello selvatico mediante un processo di selezione durato secoli ed anche di più. Da un punto di vista storico infatti, facciamo riferimento ad un ortaggio originario del bacino del Mediterraneo Orientale, diffuso anche nelle isole dell’Egeo ed in Africa settentrionale, fino all’Etiopia, noto fin dall’antichità per i pregi organolettici del capolino, ma molto probabilmente si trattava ancora della varietà selvatica, ancora oggi peraltro reperibile in limitate zone della Sicilia: un’antica cultivar che sembra essere l’elemento di collegamento fra la specie originaria e le varietà attualmente più commercializzate.
Greci e Romani, ricollegandosi alla sopra accennata mitica vicenda di Giove e Cinara, attribuivano poteri afrodisiaci a quest’ortaggio che, per quanto riguarda la cucina italiana, per molto tempo rimane pressoché confinato in Sicilia, per entrare poi nella cucina peninsulare solo in epoca rinascimentale alla corte medicea e di lì, per matrimoni e vicende politiche varie, espandersi in Francia, in Olanda ed in Inghilterra.
Le successive colonizzazioni lo portarono nel Nuovo Continente: in Luisiana ad opera dei francesi mentre ad opera degli spagnoli raggiunse la California, ove in tempi moderni, come pianta selvatica, è diventato un autentico flagello. Oggi la maggior produzione si ha sulle sponde del Mediterraneo, in Egitto, in Spagna ed in Italia, localizzata qui da noi soprattutto nelle regioni meridionali ed in Sardegna, mentre in altre nazioni la diffusione è in tono minore. Le varietà del carciofo coltivato, e quindi del Cynara Cardunculus Scolymus, sono classificate secondo vari criteri appresso piuttosto sommariamente elencati: o in base alla presenza di brattee spinose o meno si denotano varietà spinose con brattee terminanti con una spina oppure inermi se le brattee si presentano inermi o mucronate; o in base al colore del capolino possono essere verdi o violette; o in base al comportamento nel ciclo fenologico possono essere autunnali o rifiorenti, con produzione nel periodo autunnale, oppure primaverili oppure unifere se finalizzate alla produzione per la fine dell’inverno.
Commercialmente parlando, le varietà più diffuse sono il Brindisino, il Catanese, il Verde di Palermo, la Mammola Verde, il Precoce di Chioggia,il Violetto di Toscana, il Violetto di Provenza, il Violetto di Niscemi. Vi è poi lo Spinoso Sardo, diffuso anche in Liguria, meglio noto come Spinoso di Albenga, che negli ultimi decenni ha subito una notevole riduzione soprattutto per le ridotte dimensioni del capolino, ma anche per la minore capacità riproduttiva del cultivar. Né mancano i riconoscimenti ufficiali DOP ed IGP: qui da noi è molto diffusa la varietà ”di Paestum”, carciofo che trae il nome dal luogo di produzione, Paestum, città della Magna Grecia, altrettanto nota anche per i suoi famosi templi nonché per i numerosi reperti archeologici, fra cui la Tomba del Tuffatore; ugualmente noto è il carciofo Romanesco del Lazio caratterizzato da capolini molto grandi: le mammole. In campo alimentare i carciofi sono consumati come ortaggi anche molto freschi.
Tradizionalmente infatti di tutta la produzione sono avviati al consumo del mercato fresco i calibri maggiori, riservando quelli di misura inferiore al settore della conservazione agro-alimentare; negli ultimi decenni inoltre il mondo del surgelato va conquistando,anche in questo settore, spazi commerciali sempre maggiori. In cucina peraltro non mancano davvero ricette di cottura, anche le più semplici, che poi son quelle atte a salvaguardare meglio sia le capacità organolettiche che le proprietà medicinali dei carciofi, non solo come piatto a sé stante, ma anche come condimento per altre pietanze: se giovani e teneri, è possibile consumarli crudi, tagliati a fettine sottili e conditi con olio extravergine di oliva, limone e mentuccia, o anche bolliti e conditi con olio extravergine di oliva, sale e pepe, oppure impastellati e fritti.
Con i carciofi inoltre si preparano zuppe, minestre, torte salate, risotti, secondi a base di carciofi ripieni; ottimi sono altresì saltati in padella con aglio,olio extravergine di oliva, peperoncino ed un po’ di prezzemolo, o anche utilizzati nelle frittate. Autentiche specialità sono altresì i rinomati carciofi alla giudìa, dorati e fritti, i carciofi alla romana, i carciofi ripieni e tante altre ricette non mancano davvero. Qui da noi la specialità è costituita dai carciofi teneri, le mammarelle, arrostite alla brace, condite soltanto da una punta d’aglio, molto prezzemolo all’interno ed un filo d’olio extravergine di oliva: un’autentica leccornia per chi ha la possibilità di gustarne.
Ciascun metodo di cottura, è ovvio, non solo incide sulla somma finale delle calorie, ma una scorretta cottura è in grado di vanificare i benefici che il consumo di quest’ortaggio comporta. I carciofi infatti non si limitano ad essere soltanto prelibati e squisiti: essendo una vera e propria riserva di elementi preziosi, sono anche un’autentica fonte di benessere per l’organismo. I principi attivi sono infatti davvero parecchi: fra i componenti principali del carciofo, oltre all’acqua, troviamo i carboidrati, fra cui spiccano l’inulina, che serve a ridurre i livelli di colesterolo, e le fibre; contiene inoltre vari minerali come potassio, sodio, fosforo, calcio e molto ferro; varie vitamine come A, B1, B2, C, PP nonché il beta- carotene; composti caffeoilchininici come la cinarina, sostanza aromatica amara in grado di migliorare diuresi e secrezione biliare, e l’acido cloro genico, antiossidante in grado di svolgere azione preventiva nei confronti di disturbi arteriosclerotici e cardio-vascolari, lattoni sesquiterpenici di tipo guaianolidico dal sapore amaro come la cinaropicrina i derivati flavonoidici come la rutina gli acidi organici: glicerico, citrico, lattico i tannini i glucosidi antrachinonici gli zuccheri, anche se in quantità tali da essere conciliabili con diete adatte a chi soffre di diabete, né mancano le fibre solubili.
E, per opportuna consultazione, ecco le Tabelle dei Valori Nutrizionali tratte da Fonte INRAN considerate sulla base di campioni da 100 grammi:
Carciofi crudi Carciofi surgelati crudi Carciofi cotti
(bolliti in acqua distillata senza aggiunta di sale)
Parte edibile % 34 100 100
Acqua (g) 91.3 67.5
Proteine
(g) 2.7 2.7 10.1
Lipidi
(g) 0.2 0.2 0.7
Colesterolo (mg) 0 0 0
Carboidrari disponibili (g) 2.5 2.5 9.3
Amido (g) 0.5 1.8
Zuccheri solubili (g) 1.9 7.1
Fibra totale
(g) 5.5 5 7.9
Fibra solubile (g) 3.04 4.68
Fibra insolubile (g) 1.93 3.17
Alcol
(g) 0 0 0
Energia 22 22 82
Energia 92 92 343
Sodio (mg) 133
Potassio (mg) 376
Ferro (mg) 1
Calcio (mg) 86
Fosforo (mg) 67
Magnesio (mg) 45
Zinco (mg) 0.95
Rame (mg) 0.24
Tiamina (mg) 0.06
Riboflaviana (mg) 0.1
Niacina (mg) 0.5
Vitamina A retinolo eq. 18 18
Vitamina C (mg) 12 10 5
Vitamina E (mg)
Il carciofo infatti ha proprietà epatoprotettrici, colagoghe, coleretiche, ipocolesterolemizzanti, disintossicanti, diuretiche, amare. Tali essendo le premesse dunque, svolge principalmente azione epatorenale ed ipocolesterolemizzante aiutandoci e non poco nei casi di piccole insufficienze epatiche, di ipercolesterolemia e/o di ipertrigliceridemia; svolge inoltre azione depurativa sul fegato e sul sistema biliare migliorando la digestione; fornisce sali minerali e vitamine a iosa pur essendo a basso contenuto calorico; è spesso inserito nelle diete; è gradito infine in caso di nausea e vomito per il suo sapore amaro.
Il carciofo tuttavia non trova la sua utilizzazione solo nell’uso alimentare, ma, grazie alle sue notevoli proprietà, anche in farmacia nonché in fitofarmacia ed ormai sono numerose le tesi e le ricerche scientifiche atte a dimostrare l’azione che i carciofi sono in grado di svolgere, specialmente in fase di prevenzione, contro molti malanni. E non basta! le foglie del carciofo non sono da meno in fatto di proprietà benefiche: sono disintossicanti e, preparate in una tisana meglio se insieme al finocchio, agiscono sul fegato, regolarizzano la bile, aiutano ad abbassare i valori dei trigliceridi, stimolano la diuresi.
Ricetta e preparazione sono oltremodo semplici: un cucchiaio di foglie triturate a pezzettini in mezzo litro d’acqua bollente, da far bollire ancora per pochissimi minuti: per chi non gradisce il sapore amaro tipico del carciofo, può essere gradita l’aggiunta di un cucchiaio di miele stemperato nell’acqua ancora fredda. È possibile assumere la Tisana di Carciofo o la Tisana di Carciofo e Finocchio bevendo a piccoli sorsi dopo i pasti per il periodo di un mese oppure per una settimana ma a dosaggio più concentrato.
Altro poi è il decotto di carciofo, altrettanto semplice da preparare: una manciata di foglie da far bollire per un’ora in un litro d’acqua, man mano rifondendo quella che evapora: tre tazze al giorno prima dei pasti; aiuta molto nei casi di epatite, disturbi alla cistifellia e stimola la funzione renale. Il Decotto di Radici di Carciofo poi è molto indicato nei casi di gotta e di artritismo. Una bella Bibita al Carciofo, gradevole e naturale, può essere benissimo fatta in casa: ottimo vino bianco nel quale siano state messe a macerare foglie fresche e secche: è utile contro l’itterizia, l’idropisia e gl’ingorghi del ventre. Ed il discorso non si esaurisce a questo punto! Altri sono ancora i prodotti che si estraggono da questo dono della Natura che è il carciofo, come la tintura, gli estratti, lo sciroppo ed altri ancora.
E dunque?! Buon consumo a tutti di questo ortaggio, che, cucinato in modo corretto ed inquadrato in una sano regime alimentare, per come suggerito dalla inossidabile Dieta Mediterranea, è un’autentica fonte di benessere per tutti, caratterizzato com’è da alto valore nutritivo ed apporto calorico veramente basso mentre notevole è il contenuto in ferro. La sua azione aiuta anche a salvaguardare il cuore, a ridurre la fragilità dei capillari, contribuisce a rinnovare vitalità e tonicità della pelle devitalizzata.
Una qualche precauzione tuttavia è bene che l’abbia chi evidenzia problemi di allergia verso qualcuno dei componenti, che ne consumino moderatamente le donne in stato di gravidanza o in allattamento, anche se non ci sono controindicazioni precise dettate da studi specifici al riguardo, mentre è preferibile che se ne astengano quanti soffrono di calcoli biliari, specie se di ridotte dimensioni, allo scopo di evitare possibili coliche. Per tutti quanti gli altri è un’autentica pianta medicinale che fa tornare in mente quella bellissima reclame degli anni 60 in cui un ottimo amaro era presentato da un attore eccezionale: “contro il logorio della vita moderna…”
Fonte: Redazione paginemediche.it
Data pubblicazione mer, 11 giu 2014
Data ultima modifica mer, 11 giu 2014
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