(17-07-14) Batteri e allergeni proteggono i neonati dall’atopia
Nel primo anno di vita l'esposizione ad allergeni e batteri può contrastare la presenza di atopia e respiro sibilante, secondo un articolo pubblicato sul Journal of Allergy and Clinical Immunology. È quanto sostiene Susan Lynch, professore associato di medicina presso l'Università di California, San Francisco, che assieme ai colleghi ha studiato un gruppo di bambini di tre anni nati a Baltimora, Boston, New York City o St. Louis che hanno preso parte all’Urban environment and childhood asthma (Ureca) study. «Ureca è uno studio longitudinale di coorte che esamina gli effetti dell’esposizione ambientale nei bambini nati da genitori poveri in zone urbane, almeno uno dei quali ha una malattia allergica o l’asma» spiegano gli autori, che hanno reclutato 560 famiglie tra febbraio 2005 e marzo 2007, valutando l’esposizione a specifici allergeni, tra cui acari, topo e scarafaggio, sull'intera coorte a 3 anni di età. «L’esposizione cumulativa nell’arco del triennio aumenta il rischio di sensibilizzazione, ma nel primo anno di vita esiste poca o nessuna associazione tra esposizione e sensibilizzazione» riprende Lynch. E prosegue: «Contrariamente alle nostre aspettative, sono state trovate significative correlazioni inverse nel primo anno di vita dei bambini tra l'esposizione a scarafaggi, topi e gatti, ma non ad acari della polvere o cani, e sibili ricorrenti all'età di 3 anni» dicono gli autori dello studio. «A nostra conoscenza questi sono i primi dati che descrivono un effetto protettivo contro asma e atopia dell’esposizione a elevati livelli di allergeni in ambienti ricchi di alcuni batteri» osserva la ricercatrice, puntualizzando che la cosa più importante sarà seguire i piccoli partecipanti allo studio fino a un'età in cui si potrà capire se hanno l'asma o no. «Siamo stati attenti a non usare troppo la parola asma in questo studio perché molti bambini che nei primi 3 anni di vita hanno sibili ricorrenti non svilupperanno l'asma, e viceversa» spiega Lynch. E conclude: «Il prossimo passo è verificare se l’effetto protettivo reggerà negli anni. Allora potremo finalmente capire se queste relazioni sono transitorie o persistenti».
FONTI:
J Allergy Clin Immunol. 2014 May 28. doi: 10.1016/j.jaci.2014.04.018
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