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Le ricerche di Gerona 2005

(20-07-14) Vitamina D e ipertensione arteriosa: studio genetico analizza l’associazione




Bassi livelli di vitamina D possono avere un ruolo nello sviluppo dell’ipertensione arteriosa. Uno studio condotto da un ampio gruppo di ricercatori di diversi paesi  ha utilizzato l’approccio di randomizzazione mendeliana per valutare l’associazione fra varianti genetiche che interessano la concentrazione d 25-idrossivitamina D circolante e la pressione arteriosa. Spiega Elisa Hyppönen, University of South Australia: “Una concentrazione plasmatica bassa di 25-idrossivitamina D è associata con una pressione arteriosa alta e rischio di ipertensione, ma non è noto se questa associazione sia causale”. Da qui l’interesse di studi sul ruolo della vitamina D e delle modifiche dei suoi livelli rispetto all’ipertensione arteriosa. Questa ricerca, pubblicata su The Lancet Diabetes & Endocrinology, ha utilizzato i dati genetici provenienti dalla collaborazione D-CarDia, che coinvolge oltre 146.500 soggetti residenti in Europa e Nord America con ascendenza europea. Per valutare i collegamenti fra i livelli di vitamina D e la pressione, sono state prese in considerazione due varianti genetiche comuni che influenzano la concentrazione della 25-idrossivitamina D (in genere utilizzata per valutare i livelli di vitamina D in una persona). E’ stato così visto che a ogni aumento del 10 per cento della concentrazione di vitamina D corrispondeva una riduzione della pressione diastolica (-0,29mmHg) e sistolica (-0,37 mmHg), e anche una riduzione del rischio di sviluppare ipertensione arteriosa pari all’8,1 per cento. “I nostri risultati suggeriscono che persone con varianti genetiche associate a una bassa produzione endogena di 25-idrossivitamina D abbiano un aumento dl rischio di ipertensione, sottolineando la necessità di ulteriori trial randomizzati ben disegnati per valutare la causalità e i potenziali effetti benefici di supplementazioni di vitamina D”, afferma Hyppönem. “Tuttavia, poiché non possiamo escludere la possibilità che i risultati di questo studio siano frutto del caso, devono essere replicati”.   

Fonti:
The Lancet Diabetes & Endocrinology, Early Online Publication, 26 June 2014
doctornews33

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