(22-07-14) Mantenere attivo il cervello ritarda la demenza
L’elevato grado di istruzione e la complessità del proprio lavoro così come i livelli di attività cognitiva nell’ultima parte della vita - come leggere libri, partecipare ad attività sociali e usare il computer - sono direttamente legati a un migliore stato intellettivo nei pazienti anziani. Lo affermaPrashanthi Vemuri della Mayo clinic di Rochester, Minnesota, coautore di uno studio pubblicato su Jama Neurology. «Si stima che negli Stati Uniti gli anziani aumenteranno dai 35 milioni del 2000 ai 72 milioni del 2030, e il declino delle funzioni cerebrali dovuto all’invecchiamento avrà probabilmente un effetto significativo sulla salute pubblica» esordisce il ricercatore, osservando che l’arricchimento intellettivo nell’arco della vita è ormai considerato una strategia protettiva contro il declino cognitivo nella popolazione anziana. «Da numerosi studi emerge che fattori come l’apprendimento, l'occupazione e le attività intellettualmente stimolanti tutelano il cervello dal declino e da malattie quali il morbo di Alzheimer e la demenza» riprende Vemuri, spiegando che l’arricchimento intellettivo nell’arco della vita può essere suddiviso in due componenti principali: quello conseguito nella prima parte dell’esistenza e quello raggiunto dopo la mezza età. In questo studio, gli autori hanno voluto esaminare gli effetti distinti delle due componenti sul declino cognitivo in poco meno di duemila persone di età compresa fra 70-89 anni senza demenza residenti nella Olmsted county in Minnesota. Ebbene, a conti fatti i risultati indicano che un grado avanzato di istruzione, un’occupazione complessa e una buona attività intellettuale a metà e alla fine della vita si associa a una migliore performance cognitiva. «Perseguire un costante arricchimento intellettivo nell’arco della vita può addirittura ritardare l'insorgenza di un deficit cognitivo di quasi nove anni nei portatori del genotipo APOE4, un fattore di rischio per la malattia di Alzheimer, e potrebbe essere usato come intervento preventivo per ridurre la demenza» conclude Vemuri.
FONTI:
doctornews33
Jama Neurol. 2014;71(8):-. doi:10.1001/jamaneurol.2014.963
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