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Le ricerche di Gerona 2005

(31-07-14) Metanalisi ridiscute l’uso dei beta-bloccanti dopo l’infarto miocardico




Secondo una metanalisi pubblicata sull American journal of medicine le linee guida che raccomandano l uso dei beta-bloccanti nel post-infarto andrebbero riconsiderate. Le conclusioni arrivano dai ricercatori della New York university school of medicine coordinati da Sripal Bangalore, e dimostrano che, se da un lato i beta-bloccanti riducono la frequenza di reinfarto e angina dopo un infarto miocardico, dall altro non modificano la mortalità. «Ma, cosa ancora più importante, l uso di beta-bloccanti aumenta il rischio di scompenso cardiaco e shock cardiogeno» sottolinea il ricercatore. La metanalisi ha incluso 60 studi clinici e oltre centomila pazienti di due epoche distinte: la moderna era riperfusione, che ha incluso 12 studi e quasi cinquantamila partecipanti trattati con trombolisi e procedure interventistiche, e la passata era pre-riperfusione, con 48 studi e più di trentamila pazienti. «Attualmente, l American college of cardiology e l American heart association suggeriscono nel trattamento dello Stemi, l infarto acuto con sopraslivellamento ST, l uso di beta-bloccanti orali entro le prime 24 ore» riprende Bangalore, puntualizzando come la maggior parte dei dati favorevoli all uso dei beta-bloccanti siano antecedenti le moderne terapie di riperfusione e di gestione medica con statine e antiaggreganti. Nella loro analisi, i ricercatori hanno osservato una significativa interazione tra risultati clinici e riperfusione. Ad esempio, nell era pre-riperfusione, che comprendeva principalmente trial con beta-bloccanti endovena, c era una riduzione del 14% di mortalità per tutte le cause, nonché un decremento del 13% per la mortalità cardiovascolare, del 22% per l infarto e del 12% per l angina, mentre non venivano segnalati aumenti del rischio di insufficienza cardiaca o shock cardiogeno. «Viceversa, nell attuale epoca riperfusione il beneficio sulla mortalità non è più evidente, e la riduzione del 28% del rischio di infarto e del 20% di angina paga il prezzo di un aumento del 10% del rischio di insufficienza cardiaca e del 29% di shock cardiogeno» aggiunge il ricercatore. «La riperfusione riduce il rischio che l infarto formi estese cicatrici miocardiche, fonte di possibili rientri elettrici e aritmie ventricolari fatali. E nell era riperfusione, l aumento del rischio di insufficienza cardiaca e di shock cardiogeno suggerisce che il rapporto rischio/beneficio dei beta-bloccanti  nel post-infarto potrebbe non essere favorevole» conclude Bangalore. 


FONTI:
Am J Med. 2014 Jun 10. doi: 10.1016/j.amjmed.2014.05.032
doctornews33

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