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Le ricerche di Gerona 2005

(18-10-14) Alzheimer, lo studio: il cervello può compensare i danni



Il cervello umano è in grado di compensare alcuni dei primi cambiamenti
indotti dalla deposizione di beta-amiloide caratteristica della malattia di
Alzheimer: lo hanno scoperto i ricercatori della University of California, che
hanno pubblicato sulla rivista Nature Neuroscience i risultati ottenuti,
secondo i quali alcune persone aumentano l'attività cerebrale per mantenere la
loro capacità di pensare.
Lo studio ha coinvolto 71 adulti senza segni di declino mentale; le scansioni
cerebrali hanno mostrato però che 16 dei soggetti più anziani presentavano
depositi di amiloide. Sottoposti a esercizi di memorizzzazione, tutti hanno
svolto bene il compito, ma gli scanner usati per monitorare l'attività
cerebrale hanno mostrato che i soggetti con depositi di amiloide necessitavano
di una maggiore attività cerebrale nel ricordare. Secondo gli scienziati questo
suggerisce che i loro cervelli hanno una capacità di adattarsi per compensare
eventuali danni precoci causati dalla proteina.
Così come la scoperta del legame tra legame tra la progressiva perdita delle
capacità cognitive e patologie come malattie cardiovascolari e diabete, lo
studio aggiunge speranze sulle possibilità di prevenire, almeno in parte l’
insorgenza della malattia. E proprio il tema della prevenzione sarà al centro
della Giornata mondiale dell’Alzheimer, che si celebrerà domani, 21 settembre.
Marco Trabucchi, ordinario di Neuropsicofarmacologia nell'Università di Roma
“Tor Vergata”, conferma che «chi ha una riserva cognitiva forte è più
predisposto a difendersi dagli eventi negativi come la comparsa di beta-
amiloide, della proteina tau o di neurodegenerazione. Insomma, se partiamo da
un livello più elevato di funzione, poi il danno si esplica in maniera meno
forte». Mantenere il cervello in allenamento produce dunque risultati
sorprendenti, ma anche allenare il corpo è molto utile, perché l’esercizio
fisico stimola l’attività neuronale: «chi si è mantenuto in forma, ha avuto una
scolarizzazione più elevata e ha curato malattie come diabete e ipertensione –
conclude Trabucchi – è in grado di difendersi meglio dai sintomi dell’
Alzheimer, almeno nelle fasi iniziali della malattia».

Fonte:
Renato Torlaschi
doctornews33


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