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Le ricerche di Gerona 2005

(18-11-14) Celiachia, due studi aprono dubbi sul ruolo del glutine




Due nuove ricerche sulla celiachia pubblicate sul New England hanno fatto fragore nel mondo scientifico per le conclusioni inattese alle quali sono giunti. Un primo studio italiano, coordinato da Elena Lionetti, ricercatrice dell’Università di Catania, si era posto l’obiettivo di verificare se l’età alla quale fosse introdotto il glutine nella dieta potesse influire sulla probabilità di sviluppare la malattia autoimmune. È stato pertanto eliminato l’alimento dalla dieta dalla nascita per un anno. La ritardata esposizione al glutine non ha però determinato alcuna differenza a lungo termine, e così neppure l’allattamento al seno: in alcuni casi si è dilazionata l’insorgenza della malattia, ma non si ha avuto un freno al suo sviluppo. Nessuna modificazione si è determinata anche ricorrendo all’allattamento al seno. Il dato positivo della ricerca è consistito nell’identificazione di un genotipo di antigene di istocompatibilità (Hla) ad alto rischio che, rispetto a un Hla di rischio standard, costituisce un importante fattore predittivo di malattia. Nella seconda ricerca, guidata da Sabine L. Vriezinga, pediatra gastroenterologa del Centro medico universitario di Leida (Olanda), che ha coinvolto quasi 1.000 bambini ad alto rischio (con almeno un familiare di primo grado positivo) si è voluta verificare la tesi secondo cui introducendo piccole quantità di glutine nell’alimentazione del neonato tra il 4° e il 6° mese vi è la possibilità di ridurre il rischio di celiachia. Rispetto al placebo, tale intervento non ha ridotto però il rischio di malattia celiaca entro l’età di 3 anni. Questi insuccessi sono preoccupanti, considerando che la malattia è in costante aumento. Ci sono anche studi di confronto sulle moderne preparazioni del grano e del pane rispetto a quelle antiche, ipotizzando queste ultime meno immunogeniche. «La lezione tratta da questi studi «ha commentato Alessio Fasano, direttore del Center for celiac research al Massageneral Hospital for children di Boston «è che vi è qualcos’altro oltre il glutine nell’ambiente che può alla fine far tendere queste persone da tolleranti alla risposta immune al glutine a soggetti che sviluppano la celiachia». I sospetti di Fasano ricadono sui moderni cibi “iperprocessati” con possibile modificazione in senso patologico del microbioma intestinale.

Fonti: Arturo Zenorini
N Engl J Med, 2014;371(14):1295-303
doctornews33

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