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Le ricerche di Gerona 2005

(19-11-14) Affrontare al meglio le cure del cancro negli anziani




Più geriatri, psicologi e medici di medicina generale: ecco in due parole la soluzione per la crisi del sistema statunitense di cura dei tumori proposta su Health affairs da Carolyn Payne della Northwestern university a Evanston, Illinois, e da William Dale dell'università di Chicago. «Serve un cambiamento che superi l’aggressività dei trattamenti in favore del benessere generale del paziente» esordiscono i due autori, ricordando che, secondo un rapporto diffuso nel 2013 dall’Institute of medicine, le cure oncologiche negli Stati Uniti sono minacciate dai costi delle terapie e dal crescente numero di casi di cancro dovuto al progressivo invecchiamento della popolazione. «In realtà, la crisi dipende molto dalla convinzione che tutti i tumori vadano trattati in modo aggressivo, indipendentemente dall'età del paziente, dal suo stato di salute e dalle patologie concomitanti» riprendono Payne e Dale, riesumando il termine coniato nel 1955 di fobia del cancro. «Ecco perché le neoplasie hanno la priorità: i tumori sono ancora temuti, e i dati lo dimostrano» affermano i ricercatori. In un sondaggio del 2011, il 41% degli americani sosteneva che la malattia che più temevano era il cancro, seguito nel 31% dei casi dall’Alzheimer e, con percentuali minori, dalle altre malattie. E i tumori sono una priorità anche per il governo degli Stati Uniti, che finanzia il National cancer institute molto di più di quanto faccia per qualsiasi altro istituto sanitario federale. Ma secondo Payne e Dale la guerra al cancro senza esclusione di colpi ha i suoi limiti: le persone sono sempre più preoccupate del loro stato generale di salute che non di una sola malattia, specie i più anziani. «Per questo i medici dovrebbero concentrarsi meno sul trattamento del tumore e più su altri aspetti della salute, come il benessere generale» spiegano gli autori pensando agli ultrasessantacinquenni, che sono il 60% dei nuovi casi di cancro, e la metà dei superstiti di diagnosi pregresse. Le teorie dei ricercatori trovano supporto nei dati del National social life, health, and aging project (Nshap), un progetto finanziato tra il 2005 e il 2006 dai National institutes of health cui hanno preso parte 3.005 uomini e donne fra 57 e 85 anni. Tutti sono stati intervistati circa la salute, la situazione finanziaria, le relazioni sociali e lo stato mentale, e per ognuno di loro i ricercatori hanno misurato 50 indicatori, quali la presenza di un tumore, la pressione arteriosa, la depressione, e la funzione fisica, per produrre un indice di benessere generale. «E una delle scoperte più interessanti è stata che altri fattori, per esempio una frattura dopo i 45 anni, la fragilità, il diabete o la depressione erano ritenuti dai partecipanti molto più importanti del cancro nel ridurre lo stato di salute» osservano gli autori. E sottolineano: «L’attenzione alla diagnosi continuerà ad essere importante, ma negli anziani, che hanno molti altri problemi di salute, la necessità di pensare alla cura di un tumore nel contesto del benessere generale della persona sarà sempre più importante». La soluzione? Una riconcettualizzazione della salute che riconsideri le malattie di ogni paziente alla luce della sua salute generale, del suo modo di essere e di pensare, della situazione finanziaria e del supporto sociale. «E questo presuppone anche maggiori incentivi finanziari per incoraggiare gli studenti di medicina a scegliere specialità come geriatria, psichiatria e medicina generale» concludono Payne e Dale. 

FONTI:
HealthAffairs Blog, September 23rd, 2014
doctornews33

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