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Le ricerche di Gerona 2005

(26-11-14) Confermata l’associazione tra Herpes virus e rischio di Alzheimer




Uno studio caso-controllo su 360 anziani con diagnosi di Alzheimer (Ad) e altrettanti soggetti sani ha confermato una forte associazione tra l’infezione da Herpes simplex e rischio di insorgenza di demenza in età avanzata. L’articolo pubblicato sulla rivista Alzheimer’s & Dementia dal geriatra Hugo Lövheim e colleghi dell’Università di Umeå, in Svezia, ha analizzato i campioni di plasma che erano stati donati alla biobanca dell’Università da 360 persone che hanno poi ricevuto diagnosi di Alzheimer, confrontandoli con quelli di altrettanti controlli, e ha rilevato una associazione statisticamente significativa, in particolare tra le donne, tra la probabilità di diagnosi di Ad e un test positivo per Hsv eseguito almeno sei anni prima. «Questo studio caso-controllo nidificato ha numerosi punti di forza tra cui l’ampio numero di casi di Ad e l’intero processo diagnostico» scrive Lövheim. «Le diagnosi di Ad sono state di qualità clinica molto elevata dal momento che tutti i casi sono stati trattati inizialmente nella clinica per i disturbi di memoria dell’ospedale universitario e poi rivisti approfonditamente da uno specialista in medicina psicogeriatrica. I campioni prospettici di plasma recuperati dalla Biobanca medica sono stati nella maggior parte dei casi prelevati molti anni prima della diagnosi (9,6 anni, in media). Inoltre i casi e i controlli sono stati accoppiati con notevole precisione quanto a età, sesso e data del prelievo. Poiché tutti provengono dagli stessi studi di coorte, la procedura assicura che è improbabile qualsiasi bias di selezione». L’analisi degli anticorpi non ha permesso di distinguere tra infezione da Herpes virus 1 e 2, ma data la prevalenza molto maggiore del primo nella popolazione, i ricercatori attribuiscono ad esso l’effetto osservato. L’ipotesi dei ricercatori è che il progressivo indebolimento del sistema immunitario esponga gli anziani a un rischio crescente che il virus acquisisca la capacità di danneggiare il cervello dando l’avvio al processo eziologico, almeno in una parte dei casi di demenza di Alzheimer. «Se questa ipotesi venisse confermata, si potrebbero in linea di principio mettere a punto strategie preventive basate su un trattamento antivirale» spiega Lövheim. 

FONTI:
Alzheimer's & Dementia: The Journal of the Alzheimer's Association In Press DOI:http://dx.doi.org/10.1016/j.jalz.2014.07.157
doctornews33

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