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Le ricerche di Gerona 2005

(01-12-14) Dolori al petto, dispnea e palpitazioni non sempre indici di cardiopatia




Quasi tre quarti dei pazienti studiati per malattia coronarica e giudicati sani hanno ancora dolori toracici 18 mesi più tardi, secondo uno studio pubblicato sulla rivista online Open Heart. «Alcune ricerche documentano la presenza di un legame tra assenza di cardiopatia e persistenza di sintomi fisici» spiega Marian Christoph dell’Heart centre all’Ospedale universitario di Dresda, sottolineando che un paziente su cinque con dolore toracico non ha segni evidenti di malattia coronarica dopo le opportune indagini, e che i sintomi hanno probabilmente altre cause. Ma non è sempre chiaro quali siano questi soggetti, che spesso vengono sottoposti a numerosi e costosi test per scoprire che il loro cuore è sano. Così gli autori tedeschi hanno verificato la prevalenza di sintomi fisici e mentali in 253 persone valutate per dolori al petto, dispnea o palpitazioni e risultati liberi da malattia coronarica. «Il tipo e l'intensità dei sintomi sono stati testati all’inizio dello studio e da 6 a 18 mesi dopo aver effettuato un’angiografia coronarica» riprende l’autore, sottolineando che i partecipanti hanno inoltre completato una serie di questionari validati per controllare i loro livelli di ansia e depressione generale, la presenza di ipocondria e la qualità della vita. I risultati sono stati successivamente incrociati con quelli di un campione rappresentativo della popolazione tedesca senza storia di malattia cardiaca. Ebbene, rispetto al gruppo di controllo i livelli di ansia dei soggetti studiati erano superiori del 37% nelle donne e del 22% negli uomini. Allo stesso modo i tassi di incidenza di disturbi ipocondriaci erano addirittura il 120% più frequenti, con il 68% di probabilità in più di soffrire di ipocondria rispetto alla popolazione generale. Conclude Christoph: «Compilare questionari può sembrare una perdita di tempo in un paziente con dolore toracico, ma potrebbe evitare test costosi e potenzialmente invasivi, garantendo nel contempo ai pazienti risultati positivi l'aiuto psicologico che serve». 

FONTI:
Open Heart 2014;1:e000093 doi:10.1136/openhrt-2014-000093
doctornews33

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