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(08-01-15) «L’obesità può essere un handicap» La sentenza della Corte europea




L’obesità «può costituire una disabilità». E’ quanto hanno stabilito i giudici della Corte europea, chiamati a pronunciarsi sul caso di un baby-sitter uomo, che pesa 160 chili e sostiene di essere stato licenziato perché troppo grasso. L’obesità, ha spiegato la Corte di giustizia Ue può costituire un handicap secondo il diritto europeo. Se essere oversize ostacola la «piena ed effettiva partecipazione» al lavoro, chiariscono i giudici, allora l’obesità può essere ritenuta una disabilità.
LAVORATORI COME DISABILI
Nel concreto significa che le aziende dovranno trattare i lavoratori obesi come «disabili» fornendo loro sedie più grandi, spazi speciali, parcheggi e strutture adeguate. «Sebbene nessun principio generale del diritto dell’Unione vieti, di per sé, le discriminazioni fondate sull’obesità, questa condizione rientra nella nozione di `handicap´ nel momento in cui impedisce, a talune condizioni, la piena ed effettiva partecipazione della persona alla vita professionale su base di uguaglianza con gli altri lavoratori». Queste, in sintesi, le conclusioni della Corte Ue. La direttiva presa in considerazione è quella sulla parità di trattamento in materia di occupazione, in forza della quale sono vietate le discriminazioni fondate sulla religione, le convinzioni personali, l’età, le tendenze sessuali. E sugli handicap, appunto.
L’ORIGINE DELLA DISABILITÀ
Ma l’obesità è responsabilità del singolo (e quindi, non una disabilità ma una scelta) oppure no? Alcuni propendono per la prima ipotesi: l’obesità è uno stato raggiunto progressivamente dall’individuo che liberamente decide di sovralimentarsi. Per altri invece vi sarebbero forti predisposizioni anche di tipo genetico all’obesità che condizionano fortemente la libertà del singolo soggetto. Ma, cosa più importante, per la Corte europea l’origine della disabilità è irrilevante: può essere quindi causata dalla troppa golosità o da problemi genetici.
NESSUNA INDICAZIONE SULL’INDICE DI MASSA CORPOREA
La Corte europea ha rifiutato però di definire il livello di indice di massa corporea , la misura utilizzata per calcolare il grado di obesità di un individuo, che sarebbe necessaria per classificare una persona come disabile, stabilendo che la decisione di chi è «gravemente obeso» verrà presa caso per caso. «Circostanza questa che, porterà a gravi confusioni » denunciano gli avvocati britannici.
LA STORIA DEL BABY SITTER DANESE
Il protagonista del caso discusso dalla Corte europea è Karsten Kaltoft, per 15 anni alle dipendenze del Comune di Billund, in Danimarca, in qualità di baby sitter. Si occupava nella sua casa dei bimbi che gli venivano affidati e nel 2010 è stato licenziato. Motivo: un calo del numero di bambini per i quali veniva richiesto il servizio. Il comune non ha indicato le ragioni per cui la scelta è caduta proprio su Kaltoft, considerato obeso secondo i criteri Oms. La questione della sua taglia XXL, si legge in una nota, è stata sollevata durante il colloquio di licenziamento ma le parti non concordano sul modo in cui sarebbe stata discussa. Il Comune nega facesse parte delle ragioni del licenziamento. Di diverso avviso il sindacato che, per conto di Kaltoft, ha adito un giudice danese chiedendo il risarcimento del danno. Da qui le richieste del tribunale di Kolding alla Corte Ue: precisare se il diritto dell’Unione vieti in modo autonomo le discriminazioni fondate sull’obesità. E, in via subordinata, chiarire se l’obesità possa costituire un handicap e se rientri nell’ambito di applicazione della direttiva europea. Nella sua sentenza la Corte, pur precisando che spetta al giudice nazionale determinare se l’obesità del ricorrente è una disabilità, conclude che se questo stato comporta una limitazione di lunga durata e, in interazione con barriere di diversa natura, ostacola la piena partecipazione alla vita professionale, allora può rientrare nella nozione di `handicap´ ai sensi della direttiva Ue. Sarebbe così se la taglia XXL creasse problemi al lavoratore in ragione di una mobilità ridotta o dell’insorgenza di patologie. Ora la parola passa al giudice danese

Fonte: : www.corriere.it


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