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Le ricerche di Gerona 2005

(21-03-15) Ipertensione, maggiori probabilità per chi soffre di insonnia



Il rischio di sviluppare ipertensione arteriosa aumenta in chi soffre d'insonnia e impiega più di 14 minuti per addormentarsi, almeno secondo i risultati di uno studio cinese appena pubblicato sulla rivista Hypertension. La ricerca, coordinata da Xiangdong Tang, professore di medicina del sonno all'Università di Sichuan in Cina, è stata la prima a verificare se l'insonnia con ipervigilanza fisiologica, ovvero un tempo di addormentamento prolungato, fosse associata all'ipertensione. «L'insonnia è il disturbo del sonno più diffuso nella popolazione generale: circa una persona su quattro lamenta difficoltà ad addormentarsi e il 10% chiede l'aiuto di un medico» esordisce il ricercatore, che assieme ai colleghi ha messo a confronto 219 insonni cronici e 96 soggetti sani di età media 40 anni e più, donne nel 60% dei casi. «L'insonnia cronica è stata definita come difficoltà a dormire per oltre sei mesi» riprende l'autore, spiegando che i partecipanti hanno dapprima trascorso una notte in un laboratorio del sonno, e il giorno successivo sono stati invitati in quattro diversi momenti della giornata a schiacciare un pisolino di 20 minuti. Ebbene, la metà dei partecipanti si è addormentata in 14 minuti o meno, mentre l'altra metà ci ha messo più tempo. Gli autori hanno poi incrociato i dati con la presenza o assenza di ipertensione arteriosa, normalizzando i risultati per fattori confondenti come obesità, apnee del sonno, diabete, fumo, alcool e caffeina. I risultati? «L'insonnia cronica combinata con un tempo di addormentamento prolungato triplica le probabilità di ipertensione, che addirittura possono quadruplicare se il paziente si addormenta in un tempo superiore a 17 minuti» puntualizza Tang, sottolineando che, tradizionalmente, l'insonnia è percepita come un disturbo del sonno notturno. «Ma diversi studi suggeriscono invece la presenza di stato di ipervigilanza cronica che perdura nell'arco delle 24 ore, con possibili significative conseguenze cardiometaboliche, tra cui l'ipertensione» conclude l'autore.

Fonte: Hypertension 2015. doi: 10.1161/HYPERTENSIONAHA.114.04604

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