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Le ricerche di Gerona 2005

(17-04-15) Pazienti in chemioterapia, poco dialogo coi medici sull'uso di erbe e integratori



Un'ampia percentuale di pazienti affetti da un cancro ricorre alla medicina complementare e alternativa (Cam) - inclusi erbe e integratori - durante il trattamento antineoplastico. Eppure, meno della metà degli oncologi statunitensi afferma di avere iniziato un discorso su questi prodotti con l'assistito. Lo rivela un'indagine - condotta da un gruppo di ricercatori guidati da Richard T. Lee, direttore medico del Programma di medicina integrata all'Università del Texas, a Houston - che evidenzia inoltre come due terzi degli intervistati (un campione casuale di 1.000 aderenti all'American society for clinical oncology [Asco]) adduca la mancanza di conoscenze in questo campo come barriera principale per intavolare una discussione con gli assistiti sull'argomento, pur sapendo che alcuni prodotti a base di erbe possono interagire con le terapie antitumorali. Più in dettaglio è emerso che solo il 41% degli oncologi discute questi temi con i malati e solo un quarto di queste conversazioni (26%) viene iniziata dal clinico. Gli intervistati hanno riferito nel 59% dei casi di non avere mai ricevuto alcuna educazione in questo settore ma, nonostante ciò, la maggior parte di essi (93%) mostra preoccupazione per le potenziali interazioni fra tali prodotti e i trattamenti in corso. Se si ipotizza il caso di un paziente affetto da un cancro potenzialmente curabile, l'80% degli oncologi afferma che sconsiglierebbe l'uso di erbe o integratori contestuale alla chemioterapia; se però si formula l'ipotesi di un paziente colpito da un male incurabile solo il 37% permane su questa posizione mentre un 48% si dichiara neutrale. In ogni caso, che il soggetto sia curabile o meno, il 90% degli oncologi asserisce che probabilmente offrirebbe la chemioterapia, anche se il paziente insistesse per assumere erbe non note. «Il miglioramento delle conoscenze dei clinici su erbe e integratori» concludono Lee e collaboratori «potrebbe favorire una migliore comunicazione medico-paziente su questo importante argomento».

FONTI: Arturo Zenorini
J Clin Oncol, 2014;32(36):4095-101.
doctornews33

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