(02-05-15) Infarto, la cura deve essere su misura
La prima regola è sempre la stessa: arrivare presto. Quanto prima si attua un trattamento mirato per ridare sangue e quindi ossigeno alle cellule miocardiche, tanto più migliora la prognosi dell'infarto miocardico acuto. Ma sul fronte del trattamento l'approccio deve essere personalizzato. O meglio: non si discute la validità dell'angioplastica coronarica e del successivo posizionamento di uno stent, quanto piuttosto la possibilità di rimuovere sempre e comunque il trombo responsabile dell'ischemia. E' proprio su questo secondo approccio che si sono concentrati i ricercatori canadesi che hanno pubblicato sul New England Journal of Medicine i risultati di uno studio internazionale, che ha coinvolto 11.000 pazienti in 20 nazioni, portando ad una conclusione che fa riflettere. Quando si effettua la rimozione del grande coagulo di sangue, infatti, cresce il rischio di andare incontro ad un ictus cerebrale nei sei mesi che seguono il trattamento di disostruzione coronarica. Quando si associa questo approccio all'angioplastica, infatti, i tassi di morte o le recidive di episodi ischemici a carico di cuore e cervello appaiono più frequenti. Il motivo? Probabilmente la frammentazione del trombo porta a liberare piccoli coaguli che possono raggiungere il cervello. Per questo occorre sempre selezionare caso per caso il trattamento più idoneo per il singolo paziente.
FONTE: edott.it
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