(17-06-15) L'ipertiroidismo subclinico si associa a un aumentato rischio fratturativo
Una metanalisi appena pubblicata su Jama e che ha coinvolto oltre 70.000 partecipanti provenienti da 13 studi diversi suggerisce che la presenza di ipertiroidismo subclinico, specie negli ultrasessantacinquenni, si associa a un aumento del rischio di fratture all'anca e alla colonna vertebrale. «L'ipertiroidismo subclinico comporta basse concentrazioni sieriche di ormone tireostimolante (Tsh) in soggetti senza sintomi clinici e con normali valori di ormoni tiroidei» esordisce Nicolas Rodondidell'Ospedale universitario di Berna in Svizzera, coautore dell'articolo, spiegando che al contrario di quanto accade per l'ipertiroidismo manifesto, noto fattore di rischio per osteoporosi e fratture, le associazioni tra disfunzione tiroidea subclinica e aumentate probabilità fratturative non sono ancora del tutto chiare. Per approfondire l'argomento i ricercatori hanno valutato i rapporti tra disfunzione tiroidea subclinica e frequenza di fratture d'anca, di colonna oppure di qualsiasi tipo. Dopo un'accurata ricerca svolta nei principali archivi biomedici, gli autori hanno selezionato 13 studi osservazionali di coorte svolti negli Stati Uniti, in Europa, in Australia e anche in Giappone. Dallo studio è emerso che l'ipertiroidismo subclinico si associa a un evidente aumento del rischio per fratture di qualsiasi tipo, ma soprattutto a carico dell'anca e della colonna vertebrale. «Le persone con maggiori probabilità fratturative sono gli individui con Tsh soppresso, ossia con valori sierici inferiori a 0,10 mIU/l» puntualizzano gli autori, sottolineando che dall'analisi dei dati aggregati emerge che la presenza di ipertiroidismo subclinico, oltre ad associarsi a un significativo aumento del rischio di frattura, permette anche un'accurata suddivisione dei sottogruppi a rischio. «Le attuali linee guida raccomandano il trattamento dell'ipertiroidismo subclinico se l'ormone tireostimolante persiste a valori inferiori a 0,10 mIU/l negli individui di 65 anni o più, e i nostri risultati confermano tali indicazioni» conclude Rodondi.
FONTI:
JAMA. 2015;313(20):2055-2065. doi:10.1001/jama.2015.5161
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