(18-06-15) Aflatossina e cancro colecistico: un legame a doppio filo
Uno studio pubblicato su Jama e svolto in Cile suggerisce che l'esposizione all'aflatossina si associa a un aumentato rischio di tumore alla colecisti, neoplasia che nello stato sudamericano è tra le principali cause di morte per cancro nelle donne. Le aflatossine prodotte dall'Aspergillus, un fungo che si trova soprattutto nelle zone a clima caldo umido, possono trovarsi in alimenti quali granoturco, frutta secca, spezie, riso, olii vegetali e semi di cacao per contaminazione fungina. Diversi tipi di aflatossine sono presenti in natura: la B1 è diffusa nei prodotti alimentari e tra le più genotossiche e cancerogene, mentre la M1, tra i principali metaboliti della B1, si trova nel latte di animali nutriti con mangimi contaminati. In Cile il consumo di peperoncino rosso, l'aji rojo, spesso contaminato dall'aflatossina, si lega a una maggiore prevalenza di neoplasia colecistica. «Ciononostante, l'associazione tra aflatossina e cancro alla cistifellea nell'uomo non è stata valutata in modo diretto» dice Catterina Ferrecciodella Pontificia universidad catolica de Chile a Santiago, che ha svolto uno studio pilota misurando il consumo di aji rojo, appurato mediante questionari, e gli addotti di aflatossina e albumina (Afb), composti che nel sangue periferico si accumulano fino a 30 volte di più con l'esposizione cronica rispetto a quella singola. Fra i 36 pazienti con tumore colecistico, 29 controlli con calcoli biliari e 47 controlli sani, la presenza di Afb è stata riscontrata nel 64% dei pazienti con neoplasia della cistifellea, che erano anche quelli con il maggiore consumo di peperoncino rosso, nel 18% di quelli con calcoli biliari e nel 23% dei soggetti sani. «Nonostante la casistica ridotta, l'associazione tra esposizione alle aflatossine e cancro colecistico è statisticamente significativa, anche se l'uso di dati trasversali non può escludere una causalità inversa in cui la presenza del cancro ha influenzato il rilevamento di Afb» commenta Ferreccio. E conclude: «Sono necessari ulteriori ricerche a sostegno di questi risultati preliminari, volte a ottenere stime più precise e identificare altre fonti di aflatossina».
FONTI:
JAMA 2015. doi:10.1001/jama.2015.4559;
doctornews33
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