(15-09-15) La chemio peggiora qualità di vita nei pazienti oncologici terminali ancora autonomi
Nei pazienti con neoplasie terminali la chemioterapia si associa a un peggioramento della qualità della vita specie nelle persone che, pur essendo a fine vita, hanno ancora buone capacità residue di svolgere molte attività in autonomia. Ecco le conclusioni di uno studio su Jama oncology coordinato da Holly Prigerson del Weill Cornell medical college presso il Presbyterian hospital di New York. «Dopo che gli esperti dell'Asco, l'American society of clinical oncology, hanno definito inutile l'uso della chemioterapia nei pazienti oncologici se non in presenza di prove certe di efficacia, restano notevoli perplessità anche sul suo impiego nei soggetti a fine vita» esordisce la ricercatrice, che assieme ai colleghi ha esaminato in un gruppo di pazienti in fase terminale l'effetto della chemioterapia sulla qualità della vita in termini di capacità di svolgere attività autonome tra cui recarsi in ambulatorio, svolgere lavori manuali e prendersi cura di sé. «La maggior parte dei pazienti erano uomini con età media di circa 58 anni» precisano gli autori, spiegando che nei pazienti terminali la chemio non migliora la qualità della vita in caso di scarsa o modesta capacità di svolgere le attività quotidiane. E addirittura la peggiora, rispetto al non uso, nei soggetti ancora capaci di una buona autonomia sebbene a fine vita. «Potrebbe essere opportuno modificare le linee guida Asco riguardo all'uso della chemioterapia nei pazienti terminali, in modo da evidenziarne i potenziali danni in caso di malattia metastatica progressiva» propongono gli autori. E in un articolo di commentoCharles Blanke della Oregon health & science university a Portland, Oregon, scrive: «Anche quando l'oncologo comunica in modo chiaro la prognosi ed è onesto sui potenziali danni del trattamento con i farmaci anticancro, molti pazienti fanno enormi pressioni per continuare le cure. Per questo potrebbe non essere opportuno modificare le linee guida vietando l'uso della chemioterapia nei pazienti terminali in mancanza di prove di efficacia. Tuttavia se un oncologo stima il decesso del paziente nei sei mesi successivi, l'atteggiamento corretto dovrebbe essere quello di sospendere qualunque trattamento attivo».
Fonti
JAMA Oncol. Published online July 23, 2015. doi:10.1001/jamaoncol.2015.2378
JAMA Oncol. Published online July 23, 2015. doi:10.1001/jamaoncol.2015.2379.
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