(09-10-15) Il sovrappeso in mezza età potrebbe favorire la comparsa dell'Alzheimer
La presenza di obesità o sovrappeso durante la mezza età predice l'insorgenza precoce della malattia di Alzheimer (AD), con manifestazioni neuropatologiche che potrebbero essere di maggiore intensità. Ne consegue che mantenere un indice di massa corporea (BMI) normale dopo i 50 anni potrebbe ritardare l'insorgenza dell'Alzheimer. Questi, almeno, sono i risultati di uno studio appena pubblicato su Molecular Psychiatry e coordinato da Madhav Thambisetty, neurologo del Laboratorio di neuroscienze comportamentali al National Institute on Aging (NIA), National Institutes of Health (NIH), Baltimora, USA. «Capire come i fattori di rischio presenti nelle persone di mezza età di mezza possano influenzare l'età di esordio dell'AD può fornire indizi per ritardare l'espressione della malattia» spiega il ricercatore, sottolineando come precedenti studi indichino che l'adiposità dopo i 50 anni predica una maggiore incidenza di AD.
«Ciononostante, non è ancora chiaro in che modo tale incremento di frequenza coinvolga l'età di esordio (AAO) e la gravità dei sintomi di Alzheimer» scrivono i ricercatori, che utilizzando una coorte di partecipanti al Baltimore Longitudinal Study of Aging (BLSA), hanno esaminato le relazioni tra BMI, AAO, gravità dell'AD e deposizione di amiloide cerebrale durante l'invecchiamento. «Allo studio hanno preso parte 1.394 soggetti cognitivamente normali all'inizio del follow-up, dei quali 142 hanno sviluppato una malattia di Alzheimer incidente» spiegano gli autori, che sulla base dei dati raccolti hanno calcolato che ad ogni incremento di una unità del BMI corrisponde un anticipo di 6,7 mesi dell'AAO e una maggiore deposizione di amiloide rispetto ai coetanei normopeso. Viceversa, l'associazione tra sovrappeso in mezza età e maggiore gravità dell'AD è presente, ma non raggiunge la significatività statistica. «In sintesi, i nostri dati suggeriscono che il mantenimento di un indice di massa corporea sano nella mezza età potrebbe avere un impatto duraturo nel ritardare l'insorgenza di AD» conclude Thambisetty.
FONTI:
Molecular Psychiatry advance online publication, 1 September 2015; doi:10.1038/mp.2015.129http://dx.doi.org/10.1038/mp.2015.129
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