(12-10-15) Rischio elevato di ictus nello scompenso cardiaco con e senza fibrillazione atriale
Nello scompenso cardiaco con o senza fibrillazione atriale la capacità del punteggio CHA2DS2VASc di predire il rischio di ictus ischemico, tromboembolia e morte è modesta e la sua utilità clinica resta da stabilire. Ecco, in sintesi, i risultati di uno studio comparso su Jama e pubblicato in coincidenza con la sua presentazione al congresso dell'EuropeanSociety of Cardiology, in corso a Londra dal 29 agosto al 2 settembre. «Nello scompenso cardiaco con o senza fibrillazione atriale, la stratificazione del rischio in base alle variabili cliniche più rilevanti potrebbe aiutare a calcolare le probabilità di ictus ischemico ed eventi tromboembolici» esordisce il coautore Gregory Lip dell'Università di Aalborg in Danimarca, spiegando che un modo per stratificare il rischio di ictus nei pazienti con fibrillazione atriale è il punteggio CHA2DS2VASc, che sta per: C=Congestive heart failure; H=Hypertension; A=Age; D=Diabetes; S=Stroke; V=Vascular disease A=età 65-74 anni; sc=Sex category. «Il punteggio, validato in molteplici studi clinici, tiene conto di tutti i fattori di rischio per ictus nei pazienti con fibrillazione atriale, ma la sua utilità nello scompenso cardiaco è ancora poco chiara» riprende il ricercatore, che assieme ai colleghi ha voluto verificare se CHA2DS2VASc fosse in grado di predire le probabilità di ictus ischemico, tromboembolia, e morte in un gruppo di pazienti con diagnosi di scompenso cardiaco con e senza fibrillazione atriale. Utilizzando i registri danesi, i ricercatori hanno selezionato 42.987 soggetti, seguiti fino al 31 dicembre 2012, scoprendo che quelli con scompenso cardiaco avevano un alto rischio di ictus ischemico, tromboembolia e morte indipendentemente dalla presenza di fibrillazione atriale. Tuttavia, CHA2DS2VASc si è rivelato scarsamente in grado di prevedere questi risultati. «La prognosi infausta per ictus ischemico e morte nei pazienti con scompenso cardiaco con o senza fibrillazione è un dato importante, che apre la strada a nuovi studi sulle strategie preventive più efficaci per ridurre il rischio di ictus ischemico e tromboembolia in quest'ampia sottopopolazione di pazienti» concludono gli autori.
Fonti:
JAMA, 2015. doi:10.1001/jama.2015.10725
http://jama.jamanetwork.com/article.aspx?articleid=2431702
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