(17-10-15) La frequenza cardiaca influenza lo stato di salute degli anziani
Secondo uno studio pubblicato sul Canadian Medical Association Journal, prima autrice Giulia Ogliari del Dipartimento di gerontologia e geriatria all'Università medica di Leiden in Olanda, una frequenza cardiaca a riposo più alta e meno variabile si associa a un accentuato declino funzionale negli anziani. «Una maggiore frequenza cardiaca con variabilità ridotta riflette un alterato equilibrio del tono del sistema nervoso autonomo caratterizzato da un'iperattività simpatica accompagnata o meno da una riduzione di quella parasimpatica» spiega la ricercatrice, sottolineando che l'ipertono simpatico si collega a uno stato pro-coagulante e alla presenza di fattori di rischio per l'aterosclerosi come la sindrome metabolica, l'obesità e l'infiammazione subclinica. L'aumento della frequenza cardiaca è inoltre correlato all'aterosclerosi non solo come epifenomeno di iperattività simpatica, ma anche attraverso meccanismi emodinamici che portano a una disfunzione endoteliale. Partendo da questi dati gli autori hanno studiato il rapporto tra frequenza cardiaca e stato funzionale negli adulti anziani, selezionando dallo studio Prosper, Prospective study of pravastatin in the elderly at risk, oltre cinquemila soggetti con malattie o fattori di rischio cardiovascolari. Dopo i necessari aggiustamenti per variabili multiple, i ricercatori hanno scoperto che una maggiore frequenza cardiaca a riposo e una sua bassa variabilità si associano a un significativo declino nelle attività della vita quotidiana rispetto ai coetanei con frequenza normale. Per fare qualche numero, in chi aveva una frequenza cardiaca nel terzile più alto, 71-117 battiti/min, le probabilità di subire un declino delle attività della vita quotidiana erano maggiori dell'80% rispetto a chi aveva una frequenza nel terzile più basso (34-60 battiti/min). «Le caratteristiche della frequenza cardiaca sono legate allo stato funzionale degli anziani e questo studio fornisce informazioni sul ruolo della funzione autonomica cardiaca nel loro stato di salute» conclude Ogliari.
Fonti:
CMAJ 2015. doi: 10.1503/cmaj.150462
http://www.cmaj.ca/content/early/2015/08/31/cmaj.150462
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