(21-11-15) Ipertensione, beta-bloccanti peri-operatori si associano a più mortalità
Da uno studio appena pubblicato su Jama Internal Medicine e svolto su una coorte di pazienti danesi sottoposti a chirurgia non cardiaca emerge che la somministrazione di una terapia antipertensiva che include un beta-bloccante si associa a un aumento della mortalità e del rischio di eventi avversi cardiovascolari (Mace). Per giungere a queste conclusioni Mads Jorgensen del Gentofte Hospital, Università di Copenhagen, e coautori hanno esaminato le cartelle relative ai ricoveri ospedalieri e alle prestazioni ambulatoriali di oltre 55.000 pazienti con ipertensione non complicata trattati con almeno due farmaci antipertensivi tra cui beta-bloccanti, diuretici tiazidici, calcio antagonisti o inibitori del sistema renina-angiotensina (Ras-I) sottoposti a chirurgia non cardiaca tra il 2005 e il 2011. Le caratteristiche cliniche all'inizio dello studio erano simili tra i 14.644 pazienti trattati con beta-bloccanti e i 40.676 soggetti curati con altri farmaci, ma nel primo gruppo l'incidenza a 30 giorni di MACE e la mortalità erano rispettivamente l'1,32% e l'1,93% contro lo 0,84% e l'1,32% del gruppo di controllo senza beta-blocco. «L'utilizzo di beta-bloccanti è stato associato a un aumentato rischio di complicanze cardiache rispetto agli altri tre farmaci: RAS-I, calcio-antagonisti e tiazidici» spiegano i ricercatori, precisando che questi risultati sono simili per tutte le cause di mortalità e che il rischio di complicanze cardiache associate all'uso di beta-bloccanti risulta particolarmente evidente neipazienti di almeno 70 anni e negli uomini sottoposti a chirurgia in urgenza. «Lo studio ha comunque dei limiti, che includono l'errata classificazione di alcuni pazienti ipertesi e l'incompleta esclusione dei pazienti con ipertensione complicata» afferma Jorgensen. E conclude: «Queste osservazioni potrebbero suggerire che la gestione peri-operatoria dei pazienti ipertesi sia oggetto di specifica attenzione da parte delle linee guida di pratica clinica una volta avuta conferma da ulteriori studi clinici randomizzati».
Fonti:
JAMA Int Med 2015. doi:10.1001/jamainternmed.2015.5346
http://archinte.‐jamanetwork.com/article.aspx?doi=10.1001/jamainternmed.2015.5346
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