(10-12-15) Una dieta a base di pesce protegge la mente dalla depressione
Mangiare molto pesce può ridurre, almeno in Europa, il rischio di depressione. Questo, in sintesi, è quanto suggerisce una metanalisi pubblicata sul Journal of Epidemiology and Community Health e coordinata da Dongfeng Zhang, del Dipartimento di epidemiologia alla Scuola di medicina dell'Università Qingdao in Cina. «Diverse ricerche svolte in precedenza hanno provato a esaminare i possibili legami tra dieta e depressione, ma con risultati inconcludenti» spiegano i ricercatori, che hanno analizzato gli studi pubblicati tra il 2001 e il 2014 per valutare l'associazione tra consumo di pesce e rischio depressivo. Dopo aver consultato le principali banche dati biomediche, gli autori hanno selezionato 101 trial, ritenendone ammissibili per l'analisi 26, svolti su 150.278 pazienti. «Dieci erano studi osservazionali di coorte, mentre gli altri erano di tipo trasversale» riprende l'epidemiologo, precisando che una decina di trial erano europei, sette nordamericani e il resto coinvolgeva pazienti in Asia, Oceania o Sud America. A conti fatti, la metanalisi dimostra la presenza di una significativa associazione tra chi consuma molto pesce e una riduzione fino al 17% del rischio di depressione rispetto a chi il pesce lo mangia solo di rado. «Questo risultato era evidente negli studi di coorte e trasversali, ma solo in quelli europei» scrivono i ricercatori, ipotizzando una spiegazione biologica. Per esempio, è stato suggerito che gli acidi grassi omega 3 presenti nel pesce possono alterare la microstruttura delle membrane cerebrali e modificare l'attività dei neurotrasmettitori serotonina e dopamina, entrambi coinvolti nella depressione. Inoltre, le proteine di alta qualità, le vitamine e i minerali presenti nel pesce possono ridurre le probabilità di sviluppare sintomi depressivi, oltre che contribuire a una dieta sana e nutriente. «Un elevato consumo di pesce può essere utile nella prevenzione primaria della depressione» osserva Zhang, aggiungendo tuttavia che servono futuri studi per indagare se l'associazione varia a seconda del tipo di pesce.
Fonte:
J Epidemiol Community Health 2015.doi:10.1136/jech-2015-206278
http://jech.bmj.com/lookup/doi/10.1136/jech-2015-206278
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