(09-04-16) Vitamina D, bassi valori materni associato a rischio sclerosi multipla nella prole
I nati da madri con carenza di vitamina D all'inizio della gravidanza sembrano essere a maggior rischio di sclerosi multipla da adulti, secondo uno studio pubblicato su Jama Neurology. «Sebbene elevati livelli di vitamina D siano stati associati a una diminuzione del rischio di sclerosi multipla in età adulta, alcune ricerche hanno anche suggerito che l'esposizione in utero alla vitamina D aumentasse le probabilità di sviluppare la malattia in età avanzata» esordisce Cassandra Mungerdella Harvard T.H. Chan School of Public Health di Boston, che assieme ai coautori ha esaminato se i livelli sierici di 25-idrossivitamina D (25(OH)D) all'inizio della gestazione fossero associati al rischio di sclerosi multipla nella prole. Allo scopo i ricercatori hanno selezionato 176 persone con diagnosi di sclerosi multipla le cui madri erano parte dello studio Finnish Maternity Cohort (Fmc), abbinando al gruppo 326 casi di controllo per gli opportuni paragoni. «Il 70% dei campioni di sangue materno per la misura dei valori ematici di 25(OH)D era stato raccolto nel primo trimestre di gravidanza» scrivono gli autori, che dopo i necessari calcoli statistici hanno scoperto che il rischio di sclerosi multipla da adulti era aumentato del 90% nei bambini di madri con bassi valori di 25(OH)D, cioè inferiori a 12,02 ng/ml, rispetto ai figli di madri con valori nei limiti di norma.
Sulla base di questi risultati i ricercatori fanno comunque notare che due studi precedenti avevano esaminato l'associazione tra livelli gravidici di 25(OH)D e rischio futuro di sclerosi multipla nella prole, senza trovare legami significativi. Conclude Munger: «A fronte di un'associazione positiva tra carenza materna di vitamina D e rischio di sclerosi multipla nei figli, il nostro studio non fornisce informazioni su eventuali effetti di dose-risposta legati a valori crescenti di 25(OH)D, fatto che potrebbe essere chiarito da studi successivi». E Benjamin Greenberg, dell'Università del Texas a Dallas, scrive in un editoriale correlato: «Lo studio è stato reso possibile grazie al contributo della biobanca finlandese parte dello studio FMC. Quando è stata istituita, la banca di campioni non aveva lo scopo di creare una risorsa per la ricerca sulla sclerosi multipla, ma la sua esistenza si è poi rivelata un potente strumento per la comprensione della malattia, un fatto da prendere a esempio futuro».
Jama Neurology 2016. doi:10.1001/jamaneurol.2015.4800
http://archneur.jamanetwork.com/article.aspx?doi=10.1001/jamaneurol.2015.4800
Jama Neurology 2016. doi:10.1001/jamaneurol.2016.0018
http://archneur.jamanetwork.com/article.aspx?doi=10.1001/jamaneurol.2016.0018
Fonte: Doctornews33
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