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Le ricerche di Gerona 2005

(09-08-16) Professioni intellettuali rallentano la comparsa dell'Alzheimer, conferma da nuovo studio Usa


Una professione intellettualmente impegnativa e con una forte componente relazionale (e quella medica ne è un esempio) può aiutare in caso di malattia di Alzheimer: lo hanno documentato i ricercatori dell'Alzheimer Disease Research Center nel Wisconsin (Usa), in uno studio presentato alla Conferenza internazionale sull'Alzheimer che si è appena conclusa a Toronto, in Canada.
«Ma attenzione - avverte Marco Trabucchi, ordinario di Neuropsicofarmacologia all'Università "Tor Vergata" di Roma - non è che queste professioni facciano scomparire la malattia e nemmeno riducono la probabilità di una sua comparsa, tuttavia sono in grado di rallentarla, perché aumentano la cosiddetta riserva neuronale, la capacità di resilienza del cervello al danno; quindi, anche se fisiologicamente la malattia è presente, i sintomi compaiono più tardi».
Insomma, i suggerimenti che giungono dallo studio americano riguardano il funzionamento del cervello più che l'Alzheimer in sé: «infatti il lavoro non dice nulla di sostanzialmente nuovo, - continua Trabucchi - sappiamo da sempre che le professioni che richiedono maggior impegno intellettuale e capacità di relazione con gli altri rallentano la comparsa della malattia, tuttavia è interessante perché è analitico e fornisce dei dati a supporto di questo fenomeno».
Infatti, il gruppo di ricercatori statunitensi ha esaminato le iperintensità della sostanza bianca in 284 persone di mezza età, considerate a rischio demenza: a reagire meglio a questi danni sono risultati appunto avvocati, assistenti sociali, insegnanti e medici, i più vulnerabili invece gli addetti agli scaffali in magazzini e supermercati, cassieri, operai, insomma, i lavori più manuali.
Ma l'Alzheimer sta suscitando interesse e speranze su un altro fronte, che finora ha fornito ben pochi risultati, la terapia: «Sono convinto che nei prossimi sei mesi verranno diffusi i dati di numerosi studi in corso sui nuovi farmaci. Ancora non sappiamo se saranno tutti positivi - conclude Trabucchi - ma certamente c'è una grande attesa».

Fonte: doctornews33

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