(16-09-16) Clostridium difficile: il trapianto fecale eterologo riduce il rischio di recidive
Rispetto a quello autologo, il trapianto fecale da donatore riduce il rischio di infezione intestinale da Clostridium difficile. Ecco, in sintesi, le conclusioni di uno studio appena pubblicato sugli Annals of Internal Medicine, primo nome Colleen Kelly, del Miriam Hospital di Providence, Rhode Island. «Finora gli studi sull'efficacia del trapianto di microbiota fecale in caso di infezioni ricorrenti da C. difficile (Cdi) erano limitati a piccole casistiche oppure a trial clinici in aperto» spiegano i ricercatori, che per valutare l'efficacia e la sicurezza dell'FMT nel trattamento delle recidive di Cdi hanno selezionato quasi 50 pazienti con almeno tre infezioni pregresse da C. difficile trattate con vancomicina, randomizzandoli a ricevere un trapianto di microbiota fecale autologo o da donatore sano, entrambi eseguiti tramite colonscopia. «L'end point primario era la risoluzione della diarrea senza ulteriori cicli di terapia anti-Cdi nelle 8 settimane di follow-up» aggiunge la ricercatrice, che assieme ai colleghi ha messo a confronto i dati di sicurezza nei due gruppi valutati in termini di eventi avversi, eventi avversi gravi e comparsa di nuove condizioni mediche nel semestre successivo al trapianto fecale, analizzando anche la composizione del microbiota fecale prima e dopo la procedura. E dai risultati emerge che il trapianto fecale eterologo si associa a un tasso significativamente maggiore di guarigione clinica a 8 settimane rispetto al trapianto autologo, con percentuali rispettivamente del 91% e del 63%.
«È anche importante notare l'assenza di differenze significative tra i due gruppi in termini di eventi avversi» concludono gli autori. E in un editoriale di commento Elizabeth Hohmann della Divisione di malattie infettive al Massachusetts General Hospital di Boston scrive: «Questi risultati ci spingono a chiederci di nuovo se la manipolazione microbica abbia rischi o benefici per la salute ancora ignoti e se ci siano tipologie di microbiota ottimali per specifiche popolazioni di persone».
Ann Intern Med. 2016. doi: 10.7326/M16-0271
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/27547925
Ann Intern Med. 2016. doi: 10.7326/M16-1784
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/27548329
Fonte: doctornews33
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