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(27-06-2017) Dimissioni con insufficienza cardiaca: per il secondo ricovero meglio tornare nello stesso ospedale



I pazienti con insufficienza cardiaca che vengono nuovamente ricoverati entro un mese hanno tempi di ricovero più lunghi e tassi di mortalità più alti se vengono trasportati in un ospedale diverso da quello del ricovero precedente, secondo uno studio canadese pubblicato sul Journal of the American Heart Association. In Canada e negli Stati Uniti, le politiche delle ambulanze richiedono normalmente che i pazienti siano portati al pronto soccorso più vicino, indipendentemente da dove possano essere stati curati in precedenza; uno su cinque nuovi ricoveri avviene in un ospedale diverso. «Questo ha senso in patologie acute sensibili al tempo, in cui i ritardi nel trattamento iniziale sono associati a risultati più scarsi» afferma Finlay McAlister, della University of Alberta a Edmonton, Canada, autore principale dello studio. «L'insufficienza cardiaca però è una condizione cronica, nella quale la continuità della cura sembra essere più importante» aggiunge.

I ricercatori hanno esaminato i dati su ricoveri ripetuti per tutti i pazienti dimessi con una diagnosi primaria di insufficienza cardiaca in Canada tra il 2004 e il 2013, trovando che su 217.039 pazienti, il 18,1% è stato ricoverato di nuovo entro 30 giorni, e di questi l'83,2% nell'ospedale della volta precedente e il 16,8% in un altro centro. Il 36,9% dei pazienti è tornato in ospedale proprio per l'insufficienza cardiaca. Dopo aver aggiustato i risultati per fattori come l'età e il sesso, i pazienti con insufficienza cardiaca che sono stati ricoverati nello stesso ospedale sono stati dimessi in media di un giorno prima e hanno avuto una probabilità dell'11% in meno di morire durante il ricovero. Secondo gli autori, questo è dovuto al fatto che la comunicazione tra diverse strutture non è sempre ottimale. «I registri ospedalieri dei pazienti possono non essere completati per settimane e non riferiscono tutto ciò che è avvenuto durante il ricovero, come ad esempio non tollerare o avere risposte negative a dosi alte di alcuni farmaci raccomandate dalle linee guida. Queste informazioni raramente appaiono sulle sintesi di dimissione, per cui i pazienti sono a rischio che accada la stessa cosa se sono ricoverati in un altro ospedale» sottolineano gli autori. Inoltre, un nuovo ricovero in un ospedale diverso dal precedente significa anche il dover ripetere molti esami e procedure con un conseguente prolungamento del tempo necessario per la diagnosi e la cura, con costi elevati. La cosa migliore, in conclusione, è che il paziente sia seguito da qualcuno che già lo conosce.

J Am Heart Assoc. 2017. doi: 10.1161/JAHA.116.004892
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/28490524

Fonte: doctornews33

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