(19-01-07) Caffeina nelle bibite: non serve al sapore, ma a creare dipendenza
La caffeina contenuta nelle bibite non ha alcun effetto positivo sul gusto come invece sostengono le aziende produttrici: in compenso crea una dipendenza nei consumatori, spesso bambini . Lo afferma uno studio pubblicato sulla rivista Appetite.
La caffeina ? un alcaloide e svolge un?azione stimolante del sistema nervoso centrale (elimina la sonnolenza e attiva il senso di attenzione) intervenendo sulle sinapsi. Effetti negativi da sovradosaggio sono eccitazione, insonnia, tremori, nausea, vomito, aumento della diuresi, tachicardia, extrasistole. La grande popolarit? delle bevande contenenti caffeina la rende la sostanza psicoattiva pi? diffusa nel mondo. ? presente naturalmente nel t?, nel caff? e nel cioccolato, ma viene usualmente aggiunta alle bibite a base di cola.
Russell Keast e Lynn Riddella della Deakin University di Melbourne hanno ora dimostrato che questa aggiunta ? del tutto inutile ai fini del miglioramento del gusto delle bibite, e pu? invece avere effetti pericolosi per la salute. ?Le aziende produttrici di bibite?, spiega Keast, ?sostengono che la caffeina viene aggiunta per dare un sapore caratteristico alle bibite, ma nessuna prova di laboratorio da noi effettuata ha trovato questo fantomatico ?sapore? di caffeina. Allora perch? insistere ad aggiungerla alle bibite? La quantit? di caffeina contenuta in 500 ml di bibita alla cola ? gi? sufficiente a scatenare reazioni a livello del sistema nervoso, portando ad una dipendenza dal prodotto?.
Un bambino che beve una bibita zuccherata contenente caffeina non solo apprezza il suo sapore dolce, ma associa la sensazione di benessere provata alla bibita. Quando, 6-12 ore dopo l?assunzione, l?effetto della caffeina svanisce, il bambino ? spinto ad assumere di nuovo la bibita. Questo porta ad un consumo smodato di bibite, con gravi rischi di obesit?, diabete 2 e patologie cardiovascolari.
Fonte: Keast RSJ, Riddella LJ. Caffeine as a flavor additive in soft-drinks. Appetite 2007; doi:10.1016/j.appet.2006.11.003.
david frati
Fonte: YAHOO!
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