(22-07-2017) Aumentano sempre più le infezioni multiple ricorrenti da Clostridium difficile
Secondo un nuovo studio retrospettivo di coorte pubblicato su Annals of Internal Medicine, l'incidenza di infezione ricorrente multipla da Clostridium difficile sta aumentando in maniera molto più alta rispetto a quella delle infezioni da C. difficile (Cdi) in generale.
Gene Ma, della University of di Pennsylvania Perelman School of Medicine di Philadelphia, e il suo gruppo hanno analizzato i dati da registri relativi a 38.911.718 pazienti con assicurazioni private, negli anni dal 2001 al 2012, e hanno cercato di valutare l'incidenza dell'infezione multipla ricorrente e la sua relazione con l'aumento complessivo di infezione ricorrente multipla da C. difficile, e di individuarne i fattori di rischio. I ricercatori hanno utilizzato la definizione standard di infezione ricorrente multipla secondo la quale il paziente deve aver ricevuto almeno tre cicli di antibiotici per trattare l'infezione, e almeno un antibiotico deve essere stato vancomicina o fidaxomicina.
Dai risultati si è riscontrato che 45.341 pazienti avevano avuto almeno un episodio di infezione ricorrente multipla da C. difficile e 1.669 presentavano una infezione multipla ricorrente. Durante il periodo di studio, l'incidenza annuale di Cdi è aumentata del 42,7%, ma l'incidenza annuale delle infezioni multiple ricorrenti è aumentata addirittura del 188,8% nello stesso periodo. I pazienti con infezione ricorrente multipla erano più anziani (56 anni rispetto a 49) e più spesso femmine (63,8% rispetto a 58,7%), avevano inoltre più probabilità di avere usato antibiotici (72,3% rispetto a 58,8%), inibitori della pompa protonica (24,6% rispetto a 18,2%) o corticosteroidi (18,3% rispetto a 13,7%) entro 90 giorni dalla diagnosi di infezione ricorrente multipla da C. difficile. Secondo gli autori, i fattori di rischio noti per infezioni ricorrenti multiple non hanno influenzato l'aumento osservato nella malattia ricorrente multipla, ma l'aumento del rischio è stato associato a malattie renali croniche (10,4% rispetto a 5,6%) e alla diagnosi in una casa di cura (2,1% rispetto a 0,6%). L'anno di calendario della diagnosi è rimasto fortemente associato a infezione ricorrente multipla anche dopo ripetuti aggiustamenti, suggerendo una possibile variazione nel patogeno in un dato periodo di tempo. In un editoriale di accompagnamento, Sameer Saini e Akbar Waljee, del VA Ann Arbor Center for Clinical Management Research e della University of Michigan, mettono in guardia sul fatto che utilizzando solo la definizione standard di malattia e considerando solo i pazienti con assicurazione privata e non quelli con Medicare, tra i quali si contano molti anziani, il numero di casi potrebbe essere stato sottovalutato, pur riconoscendo l'importanza dello studio come punto di partenza per nuove indagini.
Ann Intern Med. 2017. doi: 10.7326/M16-2733
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/28672282
Fonte: doctornews33
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