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Le ricerche di Gerona 2005

(09-02-07) Da The Scientist: peer review sotto accusa e doping



Dei risultati abilmente costruiti a tavolino se ne sta parlando molto. Dopo il caso del coreano Woo Suk Hwang il cui lavoro pionieristico sulle cellule staminali si ? rilevato una bufala, si ? parlato del norvegese Jon Sudb? che ha inventato di sana pianta uno studio che dimostrava l'efficacia della terapia a lungo termine con antinfiammatori nel ridurre il rischio di tumore al cavo orale; infine, si ? venuto a sapere che i risultati sull'RNA interference , pubblicati dal giapponese Hiroaki Kawasaki, non sono in realt? riproducibili. Tre le riviste coinvolte: Science , Nature e The Lancet . Tralasciato l'aspetto etico della falsificazione (aspetto non da poco, che meriterebbe pagine di riflessioni) viene spontaneo chiedersi: ma il sistema di peer review non dovrebbe essere una garanzia? come ? possibile che tre grandi nomi del biomedical publishing si siano lasciati imbrogliare? Se lo ? chiesto anche il mensile The Scientist [ 1 ] che dedica ampio spazio al processo di ?referaggio? ritenuto dalla comunit? internazionale come il miglior strumento di controllo per ora possibile.
The Scientist considera la peer review un processo intasato dal numero di richieste di pubblicazioni[ 2 ]. Crescono sempre di pi? le pile di articoli sulla scrivania delle riviste pi? accreditate: Jama ha ricevuto 6000 manoscritti nel 2005, il doppio che nel 2000; Science ne raccoglie ben 12 mila in un anno ?a un ritmo di crescita paragonabile a quello economico della Cina?; anche Nature Cell Biology non scherza visto che gli articoli submitted sono aumentati del 10 per cento, pi? o meno quanto il New Englad Journal of medicine che nel 2005 ha ricevuto 5 mila articoli. E per la regina dell'open access, Plos Biology , i numeri sono raddoppiati negli ultimi sei mesi. Ovviamente, anche per questioni di spazio, non tutte le richieste vengono accettate lasciando dell'amaro in bocca negli autori che, se non pubblicano sulle riviste con un alto impact factor, rischiano di veder rifiutate le loro richieste di finanziamento. Per i ricercatori ? politicamente importante riuscire a pubblicare articoli su riviste di prima categoria.
?Pur di pubblicare gli autori sono disposti a tutto?, scrive The Scientist spiegando che, ad esempio, gli scienziati perdono sempre pi? tempo per crearsi una rete di conoscenze tra gli editor e che tendono a gonfiare la presentazioni dei loro risultati, soprattutto nelle conclusioni e nelle applicazioni. ?Cos? il lavoro di revisione si fa ancora pi? difficile e di conseguenza sono pi? frequenti gli errori da parte dei redattori e dei revisori?, spiega Hemai Parthasarathy, managing editor a Plos Biology . ?E, inevitabilmente, cresce il rischio di accettare un articolo e di rifiutarne uno pi? valido?.
Oltre a riportare i punti deboli della peer review, The Scientist passa in rassegna le diverse strategie che gli editor stanno prendendo in considerazione per migliorare il sistema e limitare gli errori. Ad esempio, l'anonimato del revisore, che si sentirebbe pi? libero nella valutazione degli articoli firmati dai grandi nomi, oppure l' opening publishing che permettere di coinvolgere pi? esperti nella valutazione del lavoro.
Sebbene le critiche abbondino e sebbene manchino degli studi che ne dimostrino la validit?, secondo Drummond Rennie del JAMA ?la peer review rimane un sistema efficace?. Nell'editoriale firmato da Richard Gallagher, editor di grande esperienza e professionalit?, si legge che lo diventa quando usato propriamente, cio? quando la rivista si avvale di redattori bravi e di revisori esperti che devono valutare manoscritti di autori ansiosi che vogliono ottenere il meglio [ 3 ]. ?Gli editori hanno il privilegio, e il beneficio, di mettere in vetrina il meglio della scienza, ma per continuare a farlo devono investire di pi? nell'intera macchina della peer review a partire dal personale fino all'autore?. Come? I redattori devono essere qualificati ma pure motivati e incoraggiati a sviluppare il loro talento e a crescere professionalmente. Anche gli scienziati chiamati nel ruolo di revisori devono essere formati dando loro un feedback con esempi di ?revisioni modello? e premiandoli con una sorta di certificazione. E gli autori devono essere molto pi? selettivi nella scelta delle riviste a cui sottomettere il proprio lavoro.
I sistemi di controllo vengono poi chiamati in causa da The Scientist anche in un settore diverso da quello delle pubblicazioni: il doping genetico [ 4 ]. In occasione delle Olimpiadi invernali di Torino, la World Anti-Doping Agency (WADA) mette in guardia sull'impiego delle terapia genetica per migliorare le performance degli sportivi. Gli atleti potrebbero ricorrere alle terapie genetiche, messe a punto per curare forme di anemia, che promuovono la produzione endogena di eritropoietina quando si abbassa la concentrazione di ossigeno, oppure di altre terapie genetiche, pensate per pazienti colpiti da malattie dei muscoli, che favoriscono lo sviluppo della massa muscolare. Per ora non si dispongono di sistemi affidabili per scoprire questa forma di doping.?La terapia genetica pu? produrre degli effetti nel corpo: ora bisogna trovare il modo di poterli rintracciare?, spiega a The Scientist il direttore della WADA secondo il quale il doping genetico rischia di diventare realt?. Per ora i campioni biologi degli atleti arrivati a Torino verranno conservati per poi riprenderli in mano quando si avranno dei validi strumenti di controllo anti-doping genetico.
A cura di Laura Tonon
Bibliografia
1. The Scientist, febbraio 2006, vol 20, n. 2.
http://www.the-scientist.com/toc/2006/2/
2. Alison McCook. Is peer review broken? The Scientist 2006; 20: 26.
http://www.the-scientist.com/2006/2/1/26/1/
3. Richard Gallagher. Taking on peer review. The Scientist 2006; 20: 13 .
http://www.the-scientist.com/2006/2/1/13/1/
4. Stephen Pincock. Gene doping at Torino? The Scientist 9 febbraio 2006
http://www.the-scientist.com/news/display/23101/

Fonte: Univadis

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