(10-02-07) SANITA': DOLORE CRONICO FA PERDERE 5 ORE LAVORO A SETTIMANA
(ANSA) Il dolore cronico, inteso come disturbo fisico che dura almeno sei mesi, ha un impatto rilevante sul lavoro, aumentando lo stress e le tensioni, e diminuendo la resa. E' quanto hanno verificato alcuni ricercatori della Florida State University, scoprendo che si tratta di un problema assai diffuso, che colpisce piu' di 50 milioni di americani, molti dei quali lavoratori a tempo pieno, con una perdita calcolata di circa cinque ore di lavoro a settimana e cinquemila dollari l'anno a impiegato. Lo studio, che verra' presentato a maggio al meeting della Societa' di psicologia industriale e organizzativa, ha evidenziato come il dolore cronico, i cui disturbi piu' comuni sono mal di testa, mal di schiena, artrite, affezioni respiratorie, provochi in chi ne soffre piu' conflitti sul lavoro, inabilita' a concentrarsi sui compiti richiesti, meno entusiasmo, piu' tensione e depressione, diminuendo l'interazione con i colleghi e rendendo la comunicazione meno efficace. Wayne Hochwarter, coordinatore della ricerca, ha voluto anche misurare le conseguenze del dolore cronico su chi ne soffre, analizzando duemila impiegati e il numero di ore di lavoro a settimana rese inefficaci dal dolore. ''Al dolore cronico si possono mettere in conto cinque ore a settimana di produttivita' persa - spiega - che proiettate nel corso dell'anno equivalgono a cinquemila dollari per lavoratore''. Secondo la ricerca, questo risultato non prende in considerazione i costi indiretti, che possono raddoppiare o triplicare il totale. ''Il non riuscire a essere produttivi - continua - influisce anche sulla relazione con il cliente e aumenta le difficolta' causate dal non essere capaci di stare al passo con gli altri, senza contare i costi legati alle assenze, i ritardi e i continui trattamenti medici''. Il problema e' che, si legge nello studio, ''il dolore cronico e altri disturbi mentali e fisici sono classificati come 'silenziosi' - conclude Hochwarter - sui posti di lavoro semplicemente perche' chi ne soffre non lo dice per paura delle conseguenze. Un approccio diverso potrebbe aiutare a minimizzare alcuni di questi effetti, prima di tutto puntando su educazione e comunicazione, in modo da eliminare lo stigma che accompagna questi disturbi''.
Fonte: (ANSA).
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