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Le ricerche di Gerona 2005

(17-09-08) Diabete - Cura di gruppo




Visite collettive meglio delle individuali per tenere sotto controllo la malattia La ricerca italiana sar? presentata al congresso europeo che si tiene a Roma dal 7 all'11 settembre insieme ad altre novit?

di Giuseppe Del Bello
Meno visite singole e colloqui individuali con lo specialista, pi? cure di gruppo. Dovrebbe essere questa la strategia vincente per tenere sotto controllo il diabete e le sue complicanze. L'innovativo approccio emerge dallo studio "Romeo" che sar? presentato al congresso dell'European Association for the Study of Diabetes (Easd) che, presieduto da Massimo Porta docente di Medicina interna a Torino, si tiene a Roma dal 7 all'11 settembre. La ricerca, che di fatto si sintetizza in un programma educativo per la gestione della malattia diabetica, ? stata interamente condotta in Italia sulla scorta di un precedente programma messo su dall'ateneo torinese con il coordinamento di Marina Trento, la psicopedagoga del Dipartimento di Medicina interna che ne ha presentato i risultati.
Conosciuto anche all'estero come "Turin model", Romeo (acronimo di "Ripensare l'Organizzazione per Migliorare l'Educazione e gli Outcome") ? partito nel dicembre '99 con l'arruolamento di 815 pazienti in 12 centri diabetologici italiani e si ? concluso un anno fa, seguendo il protocollo di gruppo gi? sperimentato a Torino. E infatti i pazienti diabetici partecipanti allo studio sono stati distribuiti in due gruppi: nel primo, 421 soggetti sono stati seguiti attraverso il "Group Care", mentre nel secondo 394 pazienti sono stati sottoposti al monitoraggio tradizionale mediante visite individuali. Al termine della ricerca, dopo attente analisi statistiche, nei soli pazienti controllati grazie alla metodica di gruppo ? stato dimostrato un miglioramento del compenso metabolico, dei livelli pressori, del colesterolo e dei trigliceridi.
A questi traguardi vanno aggiunti l'acquisizione di maggiori conoscenze e un miglioramento della qualit? di vita e della capacit? di gestire in proprio la malattia. "Questo lavoro rappresenta un tentativo di razionalizzare le scarse risorse disponibili nei centri di diabetologia", osserva il professor Porta, "rimodellando le funzioni del personale e assegnando nuovi ruoli che permettano di sviluppare meglio le potenzialit? dei pazienti stessi affinch? partecipino attivamente alla cura della propria patologia. Il programma si ? rivelato idoneo a superare le barriere comunicative fra i pazienti e i loro medici, infermieri e dietisti, ottenendo risultati finora raggiunti, e non sempre, con l'uso intensivo dei farmaci. E, soprattutto, facendo dei pazienti diabetici partner pi? competenti ed attivi dei propri curanti".
Entusiasta del sistema educativo come "chiave di volta che pu? unire le esigenze della singola persona a quelle cliniche di un corretto trattamento" Marina Trento aggiunge: "Si tratta di mettere a punto un nuovo modello di assistenza pensato per la persona che deve imparare ad adattarsi a una malattia cronica".
Nel diabete di tipo 1, che colpisce soprattutto bambini e giovani, rimangono indispensabili le iniezioni di insulina. Le insuline ricombinanti, prodotte da batteri e lieviti nei quali viene inserito il Dna dell'ormone umano furono, negli anni '80, il primo esempio di ingegneria genetica applicata alla produzione di farmaci. Ma oggi sono disponibili anche "analoghi" dell'insulina, modificati ad arte per accorciarne o allungarne la durata di azione, che permettono di costruire schemi personalizzati per i singoli pazienti. Anche su questo argomento al congresso arriveranno importanti contributi della ricerca italiana, in particolare nel definire i criteri d'uso delle nuove insuline e nel diffondere l'uso dei microinfusori portatili. Si tratta delle minitecnologie che infondono insulina in modo continuo, senza l'assillo delle iniezioni multiple e, soprattutto, con una maggiore flessibilit? dei dosaggi.
Un'altra novit? dell'Easd sar? lo studio "Direct", che riguarda una complicanza temibile come la retinopatia diabetica, in corso di pubblicazione su Lancet. Condotto in 300 centri (11 in Italia) di 30 paesi in tutto il mondo tra cui Sudafrica, Russia, Canada e Israele, Direct ha dimostrato sui 5000 pazienti arruolati, che un farmaco gi? utilizzato per combattere l'ipertensione, il Candesartan, ? in grado di far regredire appunto la retinopatia lieve o moderata nei pazienti affetti da diabete di tipo 2, mentre si sarebbe dimostrato efficace a prevenirla nel diabete di tipo 1. Secondo gli specialisti, la complicanza che colpisce l'occhio, interesser? durante il corso della malattia, l'80 per cento dei diabetici. La molecola agirebbe, ipotizza Porta, attraverso un meccanismo d'azione che, intervenendo all'interno dell'occhio, bloccherebbe il sistema renina-angiotensina e, dunque, anche la retinopatia.
Sul versante della ricerca, un cauto ottimismo sar? espresso da Camillo Ricordi, lo scienziato italo-americano che a Miami dirige il centro trapianti cellulare, nella sua lettura magistrale proprio sullo stato dell'arte del trapianto delle isole di Langherans del pancreas.

Fonte: La Repubblica, supplemento Salute

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