(19-10-08) La longevit? ? legata al ritmo cardiaco
Descrizione e modalit? di aggiornamento
Il cuore dei longevi batte a ritmo basso. Lo si era gi? dedotto guardando agli atleti e al mondo animale, ma finora non si era mai arrivati a testarlo scientificamente. Primo tassello, lo studio "Beautiful", presentato al congresso della Societ? europea di cardiologia a Monaco di Baviera, e pubblicato su Lancet. Meno battiti significa meno rischio di malattie cardiovascolari; o, per chi ? gi? malato alle coronarie, una difesa dall'infarto. E tutto ci? ? sinonimo di lunga vita. Geneticamente i longevi hanno cuore e vasi a prova di tutto, o quasi. A dare la notizia ? il Corriere della Sera.
?"Meno di 70 al minuto ? meglio", spiega Roberto Ferrari dell'universit? di Ferrara, autore dello studio e presidente della Societ? europea di cardiologia. A parte i fenomeni dello sport che gi? viaggiano a battiti bassi. Un esempio: Alex Schwazer, l'oro olimpico nei 50 chilometri di marcia, 24 anni, 28 battiti al minuto. "Tutta la mia famiglia - spiega il campione altoatesino - presenta una frequenza cardiaca piuttosto bassa. Certo io, anche grazie all'allenamento, sono riuscito a ridurla a livelli davvero eccezionali". Quasi un record: la media, in persone sane ? di circa 60 battiti. Fausto Coppi, il campionissimo, ne aveva 40?.
?E' una storia - prosegue il quotidiano milanese - che inizia da lontano. Spiega Ferrari: "Gli egiziani giudicavano l'anima dei defunti (e quindi il loro destino) sulla base del peso e della frequenza cardiaca del cuore. Se superava una certa soglia, significava vita turbolenta, non regolare e quindi si era dannati. L'imprinting genetico per una frequenza pi? o meno elevata potrebbe venire da nostra madre. In fin dei conti, curiosamente il primo ritmo che ascoltiamo nella vita ? il battito del cuore materno. Nel mondo animale poi la frequenza cardiaca ? il vero orologio biologico. Pi? ? elevata, minore ? l'aspettativa di vita. Ci? vale pressoch? per tutti i mammiferi"?.
?? per? straordinario - si legge - come un ratto o un colibr? nell'arco della vita abbiano gli stessi battiti cardiaci di una balena o di una tartaruga. Come se i mammiferi nascessero con un numero di battiti preordinati? "Giusto - continua Ferrari -. C'? chi li consuma subito (colibr? e ratto) e muore presto, c'? chi ci mette pi? tempo (tartaruga e balena) e vive pi? a lungo. Questo per la natura ? normale: ogni essere vivente ha a disposizione una certa quota di energia nell'universo e la frequenza cardiaca ? indice del consumo energetico del corpo. L'uomo fa eccezione a questa regola: con i suoi 60 battiti al minuto dovrebbe vivere solo 30 anni. I nostri antenati infatti vivevano 30 anni. Successivamente l'evoluzione della specie e l'elevato grado nella scala gerarchica biologica hanno permesso di allungare la durata della vita indipendentemente dalla frequenza cardiaca anche se, entro certi limiti, vi ? sempre una correlazione ancestrale tra frequenza cardiaca e durata della vita"?.
?Alex Schwazer - domanda il Corriere della Sera - sapevi che avere una bassa frequenza cardiaca allunga la vita? "No, questo proprio non lo sapevo. Dal punto di vista sportivo ovviamente ero a conoscenza che questa caratteristica mi permette un vantaggio competitivo rispetto ai miei avversari, soprattutto in una disciplina di resistenza come la mia. Ma non avevo mai pensato potesse essere anche un'alleata della mia salute! In realt?, io a 28 battiti sto benissimo, ho invece grosse difficolt? quando raggiungo il valore massimo, che per me ? 190. A questa soglia soffro parecchio e riesco a mantenere questi ritmi solo per brevissimi periodi".
?Perch? la frequenza cardiaca fa male? - scrive il conclusione il quotidiano di via Solferino - "Abbiamo visto - risponde Ferrari - che se la frequenza cardiaca supera i 70 battiti si ? a rischio di infarto e malattie coronariche, soprattutto i cardiopatici. Da oggi, dunque, misurare il polso dovr? diventare routine, soprattutto se si hanno problemi cardiaci". Ma i medici lo sanno ancora fare? "Il medico deve tornare ad abituarsi ad un gesto semplice ma importante: ascoltare il linguaggio del corpo, ovvero la frequenza cardiaca - sottolinea il cardiologo ferrarese -. Sentire il polso ad ogni persona che si presenta in ambulatorio ? fondamentale. Ci siamo dimenticati che il corpo parla, si esprime mediante la frequenza cardiaca. Un esame semplicissimo, privo di costi, non invasivo che, fra l'altro, migliora il rapporto col paziente"?.
Fonte: (19-10-08) La longevit? ? legata al ritmo cardiaco
Descrizione e modalit? di aggiornamento
Il cuore dei longevi batte a ritmo basso. Lo si era gi? dedotto guardando agli atleti e al mondo animale, ma finora non si era mai arrivati a testarlo scientificamente. Primo tassello, lo studio "Beautiful", presentato al congresso della Societ? europea di cardiologia a Monaco di Baviera, e pubblicato su Lancet. Meno battiti significa meno rischio di malattie cardiovascolari; o, per chi ? gi? malato alle coronarie, una difesa dall'infarto. E tutto ci? ? sinonimo di lunga vita. Geneticamente i longevi hanno cuore e vasi a prova di tutto, o quasi. A dare la notizia ? il Corriere della Sera.
?"Meno di 70 al minuto ? meglio", spiega Roberto Ferrari dell'universit? di Ferrara, autore dello studio e presidente della Societ? europea di cardiologia. A parte i fenomeni dello sport che gi? viaggiano a battiti bassi. Un esempio: Alex Schwazer, l'oro olimpico nei 50 chilometri di marcia, 24 anni, 28 battiti al minuto. "Tutta la mia famiglia - spiega il campione altoatesino - presenta una frequenza cardiaca piuttosto bassa. Certo io, anche grazie all'allenamento, sono riuscito a ridurla a livelli davvero eccezionali". Quasi un record: la media, in persone sane ? di circa 60 battiti. Fausto Coppi, il campionissimo, ne aveva 40?.
?E' una storia - prosegue il quotidiano milanese - che inizia da lontano. Spiega Ferrari: "Gli egiziani giudicavano l'anima dei defunti (e quindi il loro destino) sulla base del peso e della frequenza cardiaca del cuore. Se superava una certa soglia, significava vita turbolenta, non regolare e quindi si era dannati. L'imprinting genetico per una frequenza pi? o meno elevata potrebbe venire da nostra madre. In fin dei conti, curiosamente il primo ritmo che ascoltiamo nella vita ? il battito del cuore materno. Nel mondo animale poi la frequenza cardiaca ? il vero orologio biologico. Pi? ? elevata, minore ? l'aspettativa di vita. Ci? vale pressoch? per tutti i mammiferi"?.
?? per? straordinario - si legge - come un ratto o un colibr? nell'arco della vita abbiano gli stessi battiti cardiaci di una balena o di una tartaruga. Come se i mammiferi nascessero con un numero di battiti preordinati? "Giusto - continua Ferrari -. C'? chi li consuma subito (colibr? e ratto) e muore presto, c'? chi ci mette pi? tempo (tartaruga e balena) e vive pi? a lungo. Questo per la natura ? normale: ogni essere vivente ha a disposizione una certa quota di energia nell'universo e la frequenza cardiaca ? indice del consumo energetico del corpo. L'uomo fa eccezione a questa regola: con i suoi 60 battiti al minuto dovrebbe vivere solo 30 anni. I nostri antenati infatti vivevano 30 anni. Successivamente l'evoluzione della specie e l'elevato grado nella scala gerarchica biologica hanno permesso di allungare la durata della vita indipendentemente dalla frequenza cardiaca anche se, entro certi limiti, vi ? sempre una correlazione ancestrale tra frequenza cardiaca e durata della vita"?.
?Alex Schwazer - domanda il Corriere della Sera - sapevi che avere una bassa frequenza cardiaca allunga la vita? "No, questo proprio non lo sapevo. Dal punto di vista sportivo ovviamente ero a conoscenza che questa caratteristica mi permette un vantaggio competitivo rispetto ai miei avversari, soprattutto in una disciplina di resistenza come la mia. Ma non avevo mai pensato potesse essere anche un'alleata della mia salute! In realt?, io a 28 battiti sto benissimo, ho invece grosse difficolt? quando raggiungo il valore massimo, che per me ? 190. A questa soglia soffro parecchio e riesco a mantenere questi ritmi solo per brevissimi periodi".
?Perch? la frequenza cardiaca fa male? - scrive il conclusione il quotidiano di via Solferino - "Abbiamo visto - risponde Ferrari - che se la frequenza cardiaca supera i 70 battiti si ? a rischio di infarto e malattie coronariche, soprattutto i cardiopatici. Da oggi, dunque, misurare il polso dovr? diventare routine, soprattutto se si hanno problemi cardiaci". Ma i medici lo sanno ancora fare? "Il medico deve tornare ad abituarsi ad un gesto semplice ma importante: ascoltare il linguaggio del corpo, ovvero la frequenza cardiaca - sottolinea il cardiologo ferrarese -. Sentire il polso ad ogni persona che si presenta in ambulatorio ? fondamentale. Ci siamo dimenticati che il corpo parla, si esprime mediante la frequenza cardiaca. Un esame semplicissimo, privo di costi, non invasivo che, fra l'altro, migliora il rapporto col paziente"?.
Fonte: Corriere della Sera.
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