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Le ricerche di Gerona 2005

(05-07-09) Tumore della prostata e alimentazione: quale legame?





Nel volgere di un decennio il cancro della prostata ? diventato il tumore pi? frequente nella popolazione maschile dei paesi occidentali. Fino ai primi anni Novanta l?incidenza aumentava costantemente ma molto lentamente, probabilmente perch? la globalizzazione dello stile di vita verso un modello occidentale ne favoriva la progressione. Successivamente, pi? o meno precocemente nei vari Paesi, si ? registrata un?impennata drammatica del numero di casi diagnosticati ogni anno, pi? che raddoppiati a causa della diffusione della pratica di prescrivere l'esame del PSA.

Nonostante ci siano alcuni indizi promettenti, purtroppo non sappiamo ancora se e quanto la diffusione della pratica di prescrivere il PSA in uomini asintomatici abbia ridotto la mortalit?. Sappiamo invece che il prezzo pagato ? stato alto. Sono colpiti da questo tumore circa il 10% degli uomini a 50 anni, il 20% a 60 anni, il 40% a 70 anni e l?80% a 80 anni, ma solo una piccola frazione di questi tumori ? destinata a manifestarsi, a meno che non li si ricerchi attivamente. Diluendo i tumori ?cattivi? in quelli ?buoni?, si rischia di non riuscire a vedere se ci sono differenze, per esempio nello stile di vita, fra chi si ammala e chi non si ammala. Questo potrebbe spiegare perch? in studi recenti non emergono pi? alcuni fattori di rischio che sembravano solidamente dimostrati prima dell?era PSA, per esempio il rischio da consumo elevato di carne o la protezione da pomodoro. Nella revisione sistematica degli studi su fattori nutrizionali e cancro della prostata promossa dal Fondo Mondiale per la Ricerca sul Cancro (WCRF) e pubblicata nel 2007 (www.dietandcancerreport.org) nessun alimento ? considerato convincentemente protettivo o rischioso per la prostata. L?unica dieta giudicata probabilmente ad alto rischio ? quella ricca di calcio, mentre sono riconosciuti probabilmente protettivi solo gli alimenti ricchi di licopene o di selenio. La protezione da vitamina E e da legumi (inclusa la soia) e il rischio da carne sono considerati solo ipotesi suggestive.
Tra le pubblicazioni successive alla revisione WCRF, lo studio EPIC (Indagine prospettica europea su nutrizione e cancro), che segue 150.000 uomini di nove paesi europei di cui disponiamo di campioni di sangue e di informazioni su dieta e stile di vita, non ha potuto confermare le ipotesi di associazione con il consumo di carni, grassi, alcol, n? la protezione da frutta e verdura, fibre, selenio, vitamina D, n? il rischio da obesit?, n? la protezione da attivit? fisica. Ha potuto confermare, per?, che chi ha sviluppato un cancro della prostata aveva mediamente un pi? elevato consumo di latticini e una pi? alta concentrazione, nel sangue, di un fattore di crescita (IGF-I) che dipende dal consumo di proteine, in particolare di quelle del latte. In chi ha sviluppato un tumore prostatico particolarmente aggressivo, inoltre, ha riscontrato, nel sangue prelevato prima della diagnosi pi? bassi livelli di licopene (un indicatore del consumo di pomodori e di altre verdure e frutta rossa) e di genisteina (un indicatore del consumo di prodotti di soia), e pi? alti livelli di vitamina B12 (un indicatore di consumo di cibo animale). Chi si ? ammalato di un tumore aggressivo, infine, pur non essendo pi? grasso, aveva una circonferenza vita pi? larga.

Fonte: Europa Uomo Italia onlus

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