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Le ricerche di Gerona 2005

(12-05-10) Dopo un attacco di cuore i farmaci non bastano se non si cambia vita





Quasi tutti prendono le medicine, pochi ascoltano i consigli dei medici. E i risultati purtroppo si fanno sentire

MILANO - Per una volta i ricercatori non hanno misurato l?effetto benefico di questo o quel medicinale, ma di quei buoni consigli nei confronti dei quali i malati, purtroppo, fanno spesso orecchie da mercante. La ricerca, pubblicata su Circulation, ? su ampia scala: ha infatti coinvolto quasi 19 mila persone di una quarantina di diversi paesi, tutte ricoverate per un attacco di cuore. A tutti in ospedale naturalmente sono stati prescritti dei farmaci, per tenere sotto controllo la situazione ed evitare guai peggiori, ma ? anche stato raccomandato ai fumatori di smettere e a tutti gli altri di mangiare meglio e muoversi di pi?.
LO STUDIO - In occasione del controllo effettuato a un mese dalla dimissione, quasi tutti prendevano regolarmente l?aspirina o un altro prodotto per fluidificare il sangue che era stato prescritto loro e pi? di sette su dieci assumevano gli altri medicinali raccomandati, statine o farmaci antipertensivi. Molto meno obbedienti sono subito apparsi i pazienti nei confronti dei consigli riguardanti gli stili di vita: un fumatore su tre non aveva rinunciato alla sigaretta e pi? di un malato su quattro ammetteva di non aver cambiato modo di mangiare e di non aver seguito il suggerimento di praticare una maggiore attivit? fisica. ?Una percentuale che potrebbe essere anche maggiore, visto che si basa semplicemente sulle risposte del malato a un questionario? sottolinea Clara Chow, la ricercatrice canadese che ha coordinato il lavoro.?Sempre basandosi su questo criterio soggettivo, che istintivamente spinge a mostrarsi meglio di quel che si ?, la percentuale dei pi? scrupolosi, di quelli cio? che hanno obbedito alle raccomandazioni dei medici sia in termini di alimentazione sia in termini di movimento, supera di poco quella dei pi? riottosi?.
I RISULTATI - A distanza di sei mesi, si sono contati nella popolazione considerata infarti, ictus e decessi per cause cardiovascolari, andando a verificare se la frequenza di questi eventi fosse o meno correlata con il comportamento tenuto dopo la prima avvisaglia. ?Smettere di fumare, cos? come cambiare modo di mangiare e muoversi di pi?, diminuiva il rischio di infarto nei sei mesi successivi? prosegue la studiosa. ?Chi invece ha continuato a fumare e non ha modificato per nulla il proprio stile di vita ha rischiato l?infarto quasi quattro volte di pi? rispetto a coloro che non avevano mai toccato sigaretta e avevano cercato di intervenire sulle proprie consuetudini?. E ci? nonostante quasi tutti prendessero scrupolosamente le medicine.
IL COMMENTO - ?Questo lavoro ? uno dei primi a quantificare in maniera cos? evidente il peso delle cattive abitudini rispetto ai farmaci? ha commentato sulle pagine della stessa rivista Gary Balady, cardiologo del Boston Medical Center. ?Nell?anno successivo a un primo episodio, circa un infartuato su cinque viene di nuovo ricoverato e, in una percentuale simile, va incontro a eventi mortali. Senza dimenticare i costi per la societ? di questa trascuratezza: ogni nuovo ricovero costa infatti in media circa il 30 per cento in pi? del primo?. Una ragione in pi? per investire in programmi di riabilitazione che intervengano a tutto tondo sul modo di vivere dell?infartuato.
Roberta Villa

Fonte: corriere della sera.it

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